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La paura di buttarsi ha senso e va’ ascoltata

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Non ho mai potuto soffrire la retorica del “Non pensarci troppo! Buttati!”. La considero pericolosa per la persona che decide di ascoltare l’invito a buttarsi e deresponsabilizzante per chi la sostiene (quasi sempre finisce che è stato ingenuo chi ha ascoltato il consiglio, mica che è stato un pessimo consigliere chi ha incitato!).

“Buttati!” è spesso usato da chi vuole sfruttare l’ignoranza, un momento di confusione o la vulnerabilità di una persona.

Ora che ci penso, quando ero adolescente, mia mamma mi diceva: “se qualcuno ti dice di buttarti da un ponte, cosa fai? Ti butti?” (Domanda retorica in cui l’inflessione del tono di voce suggeriva che era da creduloni buttarsi da un ponte perché ce l’aveva suggerito qualcuno).

Poi sono arrivati gli anni Novanta e i Duemila. Si è fatta largo la retorica del rischio come occasione di crescita e del rischio come opportunità che non tutti sanno cogliere. (Hai già notato che sono incitamenti a “buttarsi” anche se espressi in modo indiretto?)

A sostegno del messaggio, si sono diffuse le varie narrazioni delle persone di successo con caratteristiche comuni come l’intraprendenza, l’azzardo, la sbruffonaggine, il puro intuito “imprenditoriale” (apparentemente) senza calcolo.

Fino a che “non buttarsi” è diventato una sorta di “difetto” perché è non in linea con lo spirito dei tempi.

Ma, se la guardi da un’altra prospettiva, “buttarsi” dà anche l’idea della disperazione, del “buttarsi via” (nel senso di “sprecarsi”), del lasciarsi andare (es. “buttarsi sul divano”) senza avere controllo su di sé. Non proprio un’immagine edificante, non trovi anche tu?

L'ipotesi di buttarsi in una nuova impresa
Photo by tov_tob/DepositPhotos

Vietato buttarsi alla cieca

Non sto dicendo che ci sia solo del negativo in tutto questo.

So bene che spesso “buttati!” è un’espressione che viene usata, a fin di bene, per aiutare qualcuno a sbloccarsi.

Grazie ai discorsi sul “buttarsi” e agli esempi di “chi si è buttato”, moltissime persone si sono sentite ispirate e stimolate ad alzare il tiro, a cercare opportunità, a trovare il coraggio per realizzare i propri sogni quando magari, prima, li avrebbero considerati semplicemente irrealizzabili.

Vorrei però che si desse ascolto anche ai dubbi che impediscono di buttarsi, invece di considerare sbagliato il fatto stesso di avere dei dubbi.

“Ma le persone originali di maggior successo non sono gli incoscienti che si buttano alla cieca: sono quelli che procedono controvoglia fino all’orlo del precipizio, calcolano la velocità di caduta, ricontrollano tre volte il paracadute e predispongono una rete di sicurezza, perché non si sa mai. Come ha scritto Malcolm Gladwell sul New Yorker: «molti imprenditori corrono grossi rischi: ma si tratta solitamente degli imprenditori falliti, non di quelli che ce la fanno.»”

[Tratto da “Essere originali” di Adam Grant]

“Buttarsi” è spesso una scelta di pancia, presa sulla spinta dell’emotività.

Altrimenti, te ne accorgi, usi altri termini come “mi impegno in questo obiettivo” o “sto programmando di…”

La nostra parte istintiva è bravissima sui terreni che già conosce (ma allora non si tratta di “buttarsi”, no?)

Invece non si può fare affidamento sull’istinto in tutto ciò che non conosciamo, non abbiamo esperienza, ignoriamo la stabilità delle condizioni ed è impossibile fare previsioni attendibili su quello che potrebbe accadere (qui sì, corrisponde all’idea di “buttarsi”, vero?).

Spesso, quando definiamo un obiettivo, facciamo affidamento a un “ottimismo irragionevole” (che è un po’ la ragione per cui, durante la sua realizzazione, scopriamo che ci serve più tempo di quello che avevamo previsto, più energie di quelle che pensavamo, più risorse economiche del preventivato, …).

“L’eccesso di ottimismo spiega il motivo per cui molti individui si espongono al rischio, anche quando, così facendo, mettono a repentaglio la propria salute e la propria vita. […]

L’ottimismo irragionevole è un atteggiamento molto diffuso, che caratterizza la maggior parte degli individui nella maggior parte delle categorie sociali.”

[Da La spinta gentile“, Richard H. Thaler e Cass R. Sunstein]

L’ottimismo irragionevole entra in gioco ancora di più quando si tratta di “buttarsi”. Ci si obbliga a fare il primo passo (una firma, un versamento, …) e al resto ci si penserà strada facendo.

Pensaci. L’acrobata si lancia da un trapezio altro perché è pieno di ottimismo e al resto ci penserà in volo?

No. È pieno zeppo di preparazione. Si lancia perché ha passato ore a prepararsi, oltretutto con la rete di sicurezza sotto di sé.

Prepararsi prima di buttarsi

Fatto salvo situazioni estreme in cui non ci si sente mai (davvero mai) pronti a impegnarsi in un obiettivo (e allora bisogna parlarne con un terapeuta), nel resto dei casi la paura di buttarsi è un normale campanello di allarme:

“ho valutato davvero tutto? Cosa rischio di perdere? Come posso buttarmi in sicurezza?”

Queste considerazioni, se ci pensi, valgono per qualsiasi obiettivo. “Buttati” a candidarti per quel posto, “buttati” con quella persona che ti piace, “buttati” con quel potenziale cliente, “buttati” con quell’investimento, “buttati” con quell’idea di business…

Quindi raccogli informazioni sulla “destinazione”, cioè il tuo “obiettivo” in cui “hai paura di buttarti”.

Fai una ricerca con metodo, senza paura di sembrare impreparatə. Chiedi consulenze e pareri a chi è esperto del settore/sport/professione/zona. Ricorda che l’esperienza e le conoscenze di chi ne sa più di te (almeno in questo momento) ti agevolano e ti risparmiano dolori e fatiche dovute all’impreparazione:

“Se ho visto più lontano, è perché stavo sulle spalle di giganti.”

Isaac Newton
Vietato buttarsi alla cieca
Photo by skyantonio/DepositPhotos

Come riconosci che la ricerca è ben fatta?

Passi da un’idea “piena di incognite” su quello che ti aspetta a un’immagine che man mano si riempie di dettagli, ci sono poche zone d’ombra (e magari sono marginali), i dubbi si sono affievoliti, sai quali sono i passi da fare.

Passi dalla paura di sbagliare a decidere a una sostanziale serenità nella decisione.

Sì, è vero non si è mai preparati abbastanza a tutto, ma con l’esperienza puoi affinare i feedback e imparare perfino a prepararti all’idea che tutto vada storto (no, non è pessimismo! È strategia!).

Sì, forse si rischia di diventare “ossessionati” dalla preparazione. Ma è questione di prenderci la mano. Con il tempo si impara a capire quanto è davvero necessario approfondire a seconda del progetto in cui si sta pensando di buttarsi.

Insomma, se ti stai chiedendo “non so se buttarmi…” è implicito che la parola chiave a cui prestare attenzione è: “sapere” (a cosa andrai incontro, quali difficoltà dovrai superare, cosa rischi di perdere, quali vantaggi sono garantiti, come proteggerti dai possibili danni se le cose dovessero andare male, …)


[Anche questo articolo, seppure scritto diversamente dagli altri, nasce da una sessione di coaching in cui abbiamo fatto chiarezza proprio su un’opportunità in cui c’era il dubbio se valesse la pena buttarsi. Ma ho preferito scriverlo così, sperando che parlarne in generale sia stato più utile e più chiaro rispetto al caso specifico.]

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