Per me stessa

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“Fatico a portare avanti gli obiettivi solo per me stessa”. La sua volontà di fare del suo meglio quando sono coinvolte altre persone è indiscussa. Ma se desidera fare qualcosa per se stessa non riesce, molla dopo poco.

Sconta anni in cui è stata educata (e si è abituata) a mettere in primo piano i malumori degli altri, i progetti degli altri, le decisioni degli altri.

“Non possiamo essere sempre prima qualcos’altro, qualcosa che è funzionale a qualcuno, madri, mogli, sorelle, figlie, gente che cura.”

[Tratto da “Manuale per ragazze rivoluzionarie” di Giulia Blasi]
Portare avanti gli obiettivi per me stessa
Photo by Art Hauntington on Unsplash

Portare avanti l’obiettivo per me stessa

Abbiamo concordato che lei mi dice quali azioni vorrebbe portare avanti settimanalmente e mi aggiorna su com’è andata quella precedente. Pianifica delle attività e controlliamo se e come le ha portate a termine.

Ma ogni settimana c’è qualcosa del tipo: “non ho avuto tempo per leggere quel libro perché a lavoro erano tutti girati male, quando sono arrivata a casa, ero di malumore anche io.”

E io lì a chiederle: “davvero permetti al malumore dei tuoi colleghi di restarti incollato addosso anche oltre l’orario di lavoro? Non ti rendi conto che l’unica che ci rimette sei tu perché rinunci a portare avanti il tuo obiettivo?”

Oppure si giustifica con: “il mio moroso ha iniziato gli allenamenti e sono stata con lui nel giorno libero che aveva.”

E io lì a chiederle: “Ma se lui è più impegnato e vi vedete di meno, hai più tempo per fare più cose per te, no?

Una ragione culturale

Si potrebbe obiettare che è una questione di motivazione, di non tenere abbastanza all’obiettivo.

Sì, certo. Ma ci sono questioni culturali più ampie in cui le donne sono immerse senza rendersi nemmeno conto dell’impatto che hanno.

Si incolpa la disorganizzazione e la mancanza di disciplina. Ma è un po’ come indicare la luna e guardare il dito.

“Ci siamo abituate a pensare che la nostra presenza sia irrilevante: che le cose nel mondo succedano anche senza di noi. Che il mondo vada avanti, e bene, senza il nostro contributo. Che non valga nemmeno la pena provare a esprimerci, che l’arte, la musica, la letteratura, la politica non siano il posto per noi. Che sia più facile, e più opportuno, agire da gregarie piuttosto che far sentire la nostra voce.

[Tratto da “Manuale per ragazze rivoluzionarie” di Giulia Blasi]

Negli anni, lei ha imparato a tirare fuori la voce per difendere i suoi diritti ed è indubbiamente un bel progresso. Ma non ha ancora imparato a far sentire la sua voce per dire (prima di tutto a se stessa): “i miei obiettivi sono importanti quanto quelli degli altri”.

Affinché si aggiunga la voce di un’altra donna

Ogni settimana mi dice com’è andata con i suoi obiettivi e io l’aiuto a diventare consapevole che le viene troppo facile rinunciare agli impegni che ha preso con se stessa.

“Hai scelto tu quegli obiettivi. Nessuno te li ha imposti. Puoi e devi portarli avanti. Puoi e devi prendere seriamente le tue aspirazioni.

Perché una parte di te ci tiene moltissimo, ma non ha il coraggio di tenere la posizione, di dire “no” agli altri per dire “sì, lo faccio per me stessa”.

Perché la mancanza di organizzazione è spesso una delega in bianco agli altri affinché decidano cosa farne del tuo tempo e la mancanza di disciplina è (troppo) spesso non voler abbastanza bene ai tuoi obiettivi.”

E allora avanti. Pianificazione e controllo. Complimenti e rimproveri. Ripetizioni e aggiustamenti.

Finché le verrà naturale essere una priorità per se stessa, si renderà conto da sola dei vecchi inganni culturali che la facevano rinunciare ai suoi obiettivi. E allora nasceranno aspirazioni che ora non trovano spazio nelle sue fantasie. E sarà una donna pronta a provare a realizzarle perché, nel frattempo, avrà imparato a mantenere e portare a termine gli impegni con se stessa.


Aggiornamento: ce l’abbiamo fatta. Puoi leggere la sua evoluzione in questo articolo: Con tanto orgoglio per i progressi fatti.


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