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Si può migliorare la concentrazione a lavoro ottenendo più soddisfazioni

Concentrazione e soddisfazioni sul lavoro

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Ieri ho ricevuto un vocale da un mio coachee. Mi raccontava di come aveva sperimentato un momento di concentrazione mai avuta prima.

A onor del vero, non credo fosse davvero uscito da quello stato mentale mentre si registrava. Si sentiva che era ancora lì, con tutte le sensazioni molto vivide, con lo sguardo ancora sul suo lavoro anche se aveva staccato il turno.

Da un po’ di tempo, quando mi aggiorna, penso: “ma è proprio lui?” perché diamine, me lo ricordo all’inizio del percorso, quando poco più di un anno fa, nella sessione conoscitiva, mi disse: “mi sento insicuro”, “poco confidente nelle mie capacità”, “se faccio progetti e trovo degli ostacoli che non sembrano avere una immediata soluzione mi faccio prendere dallo sconforto, il più delle volte abbandono il progetto“, “tendo a essere confusionario”. Tutte affermazioni che non gli appartengono più, come si fosse tolto un involucro dentro cui era avvolto e che non fa più parte del suo modo di essere.

Ma oggi, sapendo com’è diventato, non riesco a smettere di ridere rileggendo quest’altra sua caratteristica di allora: “ho paura dei miei tempi di apprendimento. Sono tremendamente lunghi.”

Rido come se stessi ascoltando un comico che prende in giro se stesso; un comico di quelli che, è facile intuirlo, in realtà sono l’esatto opposto di quel che raccontano per fare spettacolo.

Per dovere di cronaca dovrei aggiungere che ad un certo punto del percorso gli ho detto che era prioritario superare questo limite dei tempi di apprendimento, altrimenti sarebbe stato un bel intralcio per l’obiettivo a cui stiamo lavorando insieme.

E lui, l’ha fatto, eh. Ha cercato metodi, fonti, tutorial. E ha aggiunto pure un libro sulla concentrazione che stavo leggendo anche io e, fin dall’incipit, mi aveva fatto pensare a lui.

Bene. Ora posso riportare il suo vocale.

La concentrazione intensa

“Riflettevo su un piccolo esperimento fatto in questi giorni. Sono state un paio di settimane pesantucce per vari motivi. In particolare, questi 2 giorni, sono stati anche difficili fisicamente, per il modello su cui devo lavorare: ha del materiale orribile che sembra plastica, si rompe per nulla, difficile da lavorare. Un modello che avevo già fatto ma con un materiale che non conoscevo bene. Ero insoddisfatto perché non riuscivo a capire come risolvere il mio problema e in più dovevo fare il lavoro di corsa. Ti racconto questo per come poi la cosa si è risolta.

Faccio un passo indietro di un paio di giorni. Ho provato a sperimentare un momento di concentrazione intensa a lavoro. Ma più che simile a quello di uno studioso, un lavoro intellettuale, è stato un momento di concentrazione intensa simile a quella degli atleti. perché ero molto focalizzato su quello che stavo facendo ma ci dovevo mettere un certo sforzo fisico. Dovevo essere veloce, i movimenti dovevano essere precisi, non dovevo far cadere il prodotto.

Ho provato ieri mattina e nel mio piccolo, quando ho ottenuto un buon risultato, l’ho replicato anche nel pomeriggio. Nel frattempo, parlando anche con un collega, ho risolto i miei dubbi, sono riuscito a capire cosa non andava in quello che facevo.

Quindi, oggi pomeriggio, oltre a lavorare con soddisfazione come mi piace fare, vedevo i risultati del lavorare meglio.

Avevo un altro collega più giovane che mi dava una mano e quindi ci siamo messi in coppia e a un certo punto gli ho detto: “guarda che io adesso mi concentro e non ti rispondo. Non farmi domande. Vado. Non mi puoi parlare per un po’.”

Lui è stato molto bravo, mi è venuto dietro. Io ho lavorato come un treno. Lo dico proprio senza modestia. Vedo che riesco, se voglio, a entrare in questo stato di concentrazione molto focalizzata e molto intensa, in maniera volontaria. Devo dire che dopo un’oretta non sapevo più nemmeno come mi chiamavo. Quando ho finito, ho avuto un bisogno di ossigeno non indifferente.

Ho notato una differenza tra l’applicazione che ne ho fatto ieri e l’applicazione che ne ho fatto oggi.

Ieri ho fatto questo momento di concentrazione intensa applicando un metodo di lavoro particolare, nuovo, che mi ha fatto lavorare più velocemente ed ero contento, ma era su un modello che conosco bene.

Invece, oggi, ho lavorato su un modello che conosco poco, venivo da una mattinata abbastanza frustrante perché non riuscivo a capire. Già per il fatto di avere risolto un problema, pur con l’aiuto di un collega, mi ha dato soddisfazione e quindi lavoravo bene emotivamente. Però l’unire la concentrazione intensa al lavoro fatto bene mi ha dato una soddisfazione personale doppia! Ti dico: sono arrivato a sera che sono sfatto letteralmente ma emotivamente molto soddisfatto. Mi sento davvero molto soddisfatto.

Vorrei provare a cercare di fissarmi questo sentimento nella memoria, non so come, ma cerco di fissarlo perché mi piace. Ho avuto altre soddisfazioni, magari più futili, però questo mi sembra uno step superiore. Voglio cercare di ricordarmelo, voglio cercare di ritornare più spesso a questo stato d’essere. Soprattutto credo mi dia molta soddisfazione il fatto che mi sono impegnato per arrivarci. Non è stato un flow che è arrivato casualmente perché c’erano le condizioni giuste, tutt’altro. Ho dovuto proprio impegnarmi per entrare nello stato di flow. È una soddisfazione molto, molto diversa. Te lo volevo raccontare, così magari me lo tengo meglio in mente anche io.”

Tenere a mente

Gli ho risposto dandogli indicazioni su una tecnica per entrare immediamente in quello stato, quando lo vorrà.

E gli ho anche chiesto di dirmi cosa avrebbe fatto il suo “vecchio lui”.

Perché, io credo, fra le cose da tenere a mente per ognuno di noi, c’è anche “come eravamo” per essere intensamente fieri di noi stessi.

“Cosa avrebbe fatto il vecchio ***** in una situazione simile?

Penso che lo spunto me l’abbia dato il ragazzo che mi stava aiutando, un apprendista di poco più di 20 anni. Lui ovviamente cercava di starmi dietro però io ero ovviamente più veloce. Tra l’altro è un ragazzo che viene spesso preso di mira quando serve qualcuno a cui attaccare la colpa perché tende a essere molto remissivo. In questo un po’ mi rivedo in lui. E si prende le parolacce, una cosa che mi dà molto fastidio. Qualche volta, se mi capitava, cercavo di consolarlo: “manda a fanculo perché veramente non ci si comporta così!”

Io ho tutt’un altro approccio con gli apprendisti, cerco di essere più positivo. Lui oggi ci stava dando veramente sotto, mi ha ascoltato, cercava di fare tutto quello che gli dicevo, cercava proprio di starmi dietro. Io ero molto gasato. Lui a un certo punto ha iniziato a smadonnare “fabbrica di merda!” e io avrei fatto allo stesso modo. Anche io mi sarei arrabbiato col mio datore di lavoro, mi sarei arrabbiato con me stesso per non aver studiato, me la sarei presa con il destino che mi ha fatto nascere qui, in questo posto che non mi fa trovare un lavoro più vicino a casa, me la sarei presa con tutti quelli che invece hanno avuto fortuna, secondo me immeritata, poi vai a vedere le cose come stanno davvero… Magari avrei portato a casa il risultato però sarei tornato a casa arrabbiato, avrei messo su musica metal, mi sarei messo a urlare in macchina, a cantare a squarciagola per sfogarmi, sarei arrivato a casa nervoso. Mi sarei detto: “basta, domani non vado più a lavorare”, poi sarei ritornato e quindi sarei stato ancora più scazzato perché avrei continuato ad ammucchiare promesse su promesse che non avrei avuto modo di mantenere (cioè andarmene, cercare un altro lavoro, …). Invece stasera ero tranquillo, stanco veramente stanco, ma soddisfatto e invece di mettere metal, ho messo i Kings of Convenience, questa:”

Ecco. E allora penso a un altro ambiente, ad altre persone che sono “toccate” dalla sua soddisfazione per se stesso.

Penso a sua moglie e alle sue figlie. Chissà quanto sono state fiere di lui e contente per lui quando l’hanno visto rientrare in quello stato di soddisfazione!

Photo by Alexander Kirov on Unsplash
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