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Le priorità da stabilire in mezzo a mille impegni

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Non so quante volte si sente parlare di “priorità“. Penso sia una delle parole più indefinite e più soggettive con cui abbiamo a che fare ogni giorno. Senza contare che, non di rado, confondiamo le priorità con le urgenze e finiamo per avere l’impressione di non sapere più cosa “far precedere” e cosa “può aspettare”.

In queste situazioni ci troviamo con una nuvola di pensieri sulla testa in cui ognuno ne richiama un altro, fanno massa, pesano e sembrano praticamente tutti allo stesso livello.

E qui arriviamo a lei. Alla sua nuvola di impegni e al suo dubbio: a cosa dovrei dare priorità? Come definisco la priorità?

Lei che è una donna molto attiva, con una famiglia e anche una missione/passione a cui si dedica con fervore, cercando le opportunità che possono contribuire a creare una rete di contatti sempre più ampia per diffondere ciò in cui crede.

Il prezzo da pagare è che si sommano impegni su impegni e spesso non riesce a lavorare su uno perché pensa che c’è pure l’altro da fare, ma se prende in mano l’altro, allora ha il dubbio che sarebbe meglio occuparsi di…

Così, contro ogni sua originale intenzione, diventa improduttiva e accumula cose da fare.

E tutto questo malgrado la consapevolezza di mettere troppa carne al fuoco.

Ti anticipo già che su questo punto lei ha avuto un’intuizione proprio durante la sessione, ma te la racconto alla fine.

Un elenco nudo e crudo delle attività

Il primo passo era afferrare quelle attività che stavano nel mondo immateriale delle idee e tirarle giù, su un foglio, senza farsi il problema di quale priorità avessero.

Oltre a occuparsi della famiglia, è parte attiva anche in:

  • un’associazione di cui è co-fondatrice
  • un’attività con i genitori degli altri bambini della classe del suo
  • il doposcuola
  • il consiglio di quartiere
  • il suo progetto personale che vuole fare diventare professionale
  • la rete con altre associazioni con cui collabora
  • una rivista per cui scrive articoli.

Già così, con l’elenco nero su bianco, le è venuto più semplice fare i primi, quasi scontati, spostamenti, senza troppi dubbi.

Fare pulizia fra le attività

Siamo scese nel dettaglio di tutte le attività che, concretamente, dovevano essere svolte per ognuno di quei “gruppi di lavoro” a cui partecipa.

Mi ha condiviso un file in cui c’erano anche delle attività scadute perché avevano dei link che sarebbero stati utili nel caso di un riutilizzo che era molto probabile. Aveva senso, ma non la faceva mai sentire “alleggerita” perché anche le attività concluse sembravano urlare ancora: “devi occuparti di me!”.

“Tu dici che alcune cose ti servono perché si ripetono. Allora puoi pensare ad un modo più “appropriato” per organizzarle? Per esempio, potrebbe essere un file “my DONE” in cui archivi gli eventi conclusi e in cui sai che puoi andare a pescare i riferimenti per i “my ON GOING” (se e quando ti servono).” 

Come parli delle tue priorità?

Nell’email riepilogativa della sessione le ho fatto presente che utilizza alcune espressioni che non aiutano a capire quanto è prioritario ciò a cui si sta riferendo.

“Per esempio, cosa significa “devo finire la cosa del 24?”

Per te è un modo sintetico di ricordartene, ma aggiunge vaghezza. Cerca di esplicitare cosa intendi e procedi facendoti l’elenco di tutte le singole attività che ti consentono di dire che “la cosa del 24” è finita. Attribuisci un tempo ipotetico (realistico) ad ogni attività.

In pratica, parti da “devo finire la cosa del 24”, espliciti che “finire la cosa del 24 significa che…” e aggiungi che “per finire la cosa del 24 devo fare “a”, “b”, “c”, “d”, “e”, “f”… per fare “a”, mi serviranno 30 minuti, per fare “b” mi servirà una settimana, … A quel punto ti chiedi anche se è meglio fare “a” prima di “b” o “c” prima di “a”… E ti sarà più facile perché avrai davanti tutto il quadro di insieme. Scoprirai che magari “a” non è prioritario ma ha la tempistica giusta per quel momento in cui i bambini sono a scuola mentre “c”, che è prioritario, è meglio farlo all’alba, cioè nel momento in cui tu sai di essere più concentrata.

Attenzione anche a “devo parlare con della gente”. Tu sai che è un’attività prioritaria ma, espressa così, non si capisce in nessun modo (nemmeno fra te e te che hai più informazioni di me).

Cosa significa in concreto “devo parlare con della gente”? Quale gente? Chi, di preciso? A proposito di cosa? Puoi dividere i tempi del “parlare” (es. Un primo tempo per contattare tutti e un secondo tempo per rispondere alle loro risposte)?

(Sì, viene fuori un altro elenco, con tutte le persone e gli argomenti, da cui capirai da chi devi partire e perché).

Il senso di priorità legato a questioni emotive

Non tutte le priorità sono gestibili su un piano puramente razionale.

Alcune attività hanno un carico emotivo. Magari perché ci entusiasmano e vorremmo buttarci a capofitto, altre perché ci rattristano e vorremmo non affrontarle mai, altre perché non ci fanno né caldo né freddo e perciò, ci trasmettono la sensazione erronea che non siano prioritarie (di solito finiscono nel dimenticatoio e rischiano di bloccare ciò che ne dipende a sua volta).

C’è anche la questione dell’emotività legata ad ogni attività per cui, razionalmente sai che dovresti occuparti di ******** giovedì, ma emotivamente ti verrebbe già da pensarci oggi anche se hai in programma una riunione con i genitori (con il rischio che non sei con la testa né qua né là). Insomma, vorresti mettere sul fuoco ********* già ora.
Per certi versi, puoi imparare a fare lo stesso ragionamento che fa chi sta “in silenzio”: matura un pensiero e aspetta il momento buono, cioè quando ha le idee chiare e si sente forte per esprimere il proprio pensiero.”

Ecco. Ti dicevo in principio che lei ha avuto un’intuizione, collegando la consapevolezza di mettere troppa carne al fuoco e questo mio input di “lasciar maturare il pensiero”: le è venuta l’idea di “mettere a marinare” prima la carne.

“Quando ho qualcosa che emotivamente mi prende molto e vorrei metterla sul fuoco ma mi mancano ancora tutte le informazioni per poter decidere il da farsi, potrei autorizzarmi a “far marinare” quel progetto. Vale per *********, e anche per il collettivo!”

E da quel giorno la sento spesso dire “questo lo metto a marinare” per tutto ciò che, prima, le sembrava urgente e la faceva agire impulsivamente (ma poi doveva spendere ancora più tempo ed energie per rincorrere i danni).

Ora sa che una priorità può essere proprio lasciare sedimentare le emozioni e raccogliere più informazioni sul contesto prima di mettere in campo altre azioni.

E sai cos’ho notato? Le prime volte che mi diceva che metteva troppa carne al fuoco era triste, le sembrava un segno di inefficienza; ora sorride, ci scherza sopra, si prende in giro.

E io penso che il fuoco di cui stiamo parlando è lei stessa: arde e scalda gli animi di chi entra in contatto con lei.

E forse è questa la vera priorità: restare fuoco acceso, capace di portare luce con le sue idee e accendere entusiasmi.

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