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Mettere in dubbio che devi farti le ossa

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Ricordo un’intervista alla scrittrice Margaret Atwood che invitava a mettere in dubbio ogni limitatezza che ci viene attribuita dall’esterno.

“A questo punto non ci resta che uno strumento per orientarci nella vita: diligentemente verificare ogni volta i fatti che ci dicono, verificare e controllare se ciò che ci dicono o dicono di noi è vero, tutto il resto è opinione, sono grida al vento.”

Margaret Atwood

Capita spesso che assorbiamo passivamente qualche convinzione limitante: l’abbiamo sentita pronunciare tante volte oppure è entrata nei luoghi comuni. In quei momenti ci serve qualcuno che ci stimoli a essere critici verso quella convinzione.

Spero che questo articolo sul percorso con la mia coachee aiuti anche te a smettere di dare per scontato che devi farti le ossa.

Un nuovo percorso con lei

Giovane donna sorridente che ha iniziato a mettere in dubbio di doversi fare le ossa
Photo by AllaSerebrina/DepositPhotos

Dopo l’ultimo obiettivo in cui l’avevo accompagnata eravamo rimaste in contatto attraverso i social. Ogni foto che pubblicava questa giovane donna trentenne mi raccontava il magico momento che stava passando da quando si era stabilita nella nuova città e aveva incontrato un uomo con cui era felice.

Mi ha ricontattata per il lavoro. Nella nuova organizzazione aziendale mancava una figura che si occupasse di funzioni “di staff” (le virgolette dovrebbero spiegare che questa definizione è un modo per sminuire delle attività che, in realtà, avrebbero bisogno di uno spazio a sé).

Come spesso accade in queste situazioni, si genera confusione, si rincorrono i problemi, la quantità di lavoro lievita, non si capisce quali sono priorità, si finisce per pensare continuamente al lavoro, anche quando non si dovrebbe.

“Questa cosa mi fa male: non bilancio bene la vita professionale con quella personale. Perché devo tenere il cellulare accesso se non ho la reperibilità? Dall’altro lato, me l’hanno detto di tenerlo acceso e io lo faccio.
Il mio ragazzo ha una pazienza infinita e quando vede che non sono lì con la testa mi dice: “vabbè, te lo dico dopo”.
Lui è la punta dell’iceberg. Non se lo merita. Mi sta tanto vicino, ma spesso si innervosisce perché mi vede “assente” o in “overthinking” e se ne accorge dalla faccia che mi inganna. Ecco, questo lo devo proprio migliorare. “

Siamo spesso in grado di sopportare l’impossibile sulla nostra pelle, ma lo sguardo di chi ci ama funge da richiamo e da monito. In questo caso era: “stai permettendo al lavoro di sottrarre tempo a me, a te, a noi”.

Mettere in dubbio la narrazione corrente

“Una giornata tipo, oggi sono in ferie e dovevo collegarmi mezzora per vedere una cosa.
Il mio ragazzo mi fa: tu sei scema, devi dire no.
Io sto imparando, devo ancora imparare, non mi posso permettere di dire no. Devo farmi le ossa.

Questa affermazione mi insospettisce alquanto. “Farsi le ossa” significa “fare pratica, fare esperienza spec. in ambito lavorativo” [Da “Il nuovo De Mauro”]

Certo, lei è giovane, ma già dal primo percorso di coaching (vedi: trovare lavoro in piena pandemia) mi aveva dimostrato la sua determinazione e mi aveva mostrato il suo “metodo” fatto di programmazione, ordine, rispetto delle scadenze, feedback che cerca (sia quando sono positivi, sia quando sono negativi) per migliorare continuamente.

Oltretutto, personalmente, non credo affatto che “anzianità” equivalga a “ossa fatte”. Credo sia proprio il fatto di ricercare dei feedback (cioè, come fa lei!) a permettere di costruirsi ossa solide. Chi sta passivamente a lavoro o evita i feedback può far passare gli anni senza necessariamente crescere o maturare o rinforzarsi.

L’accompagno in questo nuovo viaggio piena di curiosità verso ciò che può succedere se iniziamo a mettere in dubbio che lei debba farsi le ossa. Perché magari è solo una narrazione che lei ha assimilato senza accorgersene, magari sono parole che ha sentito rivolgere ai giovani (in generale) e le ha fatte sue, dimenticando che lei è lei e ha il suo metodo efficacissimo dalla sua parte, un metodo che le irrobustisce le ossa con una rapidità fuori dal comune.

Quanto devi ancora imparare?

“Un po’ lo soffro non aver avuto un lavoro precedente che mi ha fatto formare le ossa.
È come se io mi fossi convinta che le ossa me le devo fare qua.
Loro (chi ha più anzianità in azienda) hanno una professionalità più alta e loro dicono “no” perché se lo possono permettere. Il tempo, come passa per me, passa anche per gli altri (sarò sempre indietro rispetto a loro).
Più cose imparo, più cose so fare, più sono indispensabile più ho il potere di dire no.”

Rispetto questa sua idea anche se aggiungo qualche domanda:

  • Quanto devi ancora imparare?
  • Quando potrai dirti: “sono competente per questo ruolo e posso permettermi di dire no”?
  • Come e quando saprai di esserti fatta le ossa? Come saprai di essere arrivata al traguardo e potrai dire: “ok, mi sono fatta le ossa“?

“Devi farti le ossa” è una convinzione che sta funzionando da motore affinché lei non si senta mai abbastanza competente, mai abbastanza preparata, in continua competizione con chi ha più anzianità aziendale e che, seguendo il criterio del “tempo in azienda”, non raggiungerà mai (semplicemente perché è stata assunta dopo).

Sulla base di questa autolimitazione (“devo farmi le ossa”) la mia coachee aveva accettato l’assenza di metodo organizzativo da parte di uno dei suoi superiori, il conseguente aumento di lavoro (dovuto all’inefficienza), la frustrazione per il dover lavorare “male” (senza il metodo a lei caro e che l’ha portata dov’è ora). Come se non bastasse, tutto questo era esondato nel privato, privandolo di tempo e serenità.

Restare fedele al suo metodo

“Se ripenso alla mia prima esperienza, sono la stessa persona: responsabile e che vuole fare le cose bene. Mi devo mettere per iscritto quello che faccio perché se qualcuno mi viene a chiedere cosa faccio, così posso rispondere.
Sul farmi le ossa, sto arrivando alla conclusione che non devo farmi le ossa.
Il metodo ce l’ho.

Ora la riconosco!

“Devi avere più senso di responsabilità verso te stessa e verso il tuo metodo. Devi avere più fiducia nel tuo metodo. Il vero problema, ****, è che non usando il tuo metodo segui il “non metodo” di XXX e vi ritrovate alla deriva. E ti si ritorce contro con sprechi di tempo privato, inefficienze, frustrazione.

Le critiche da qualcuno che non stimi professionalmente dovrebbero avere un impatto molto limitato. Ma comunque, se lui critica il tuo metodo, la risposta non è abbandonare il tuo metodo (che sai che funziona) ma gestire le sue critiche con metodo (usando quello strumento che ti diedi anni fa).

Devi essere “aderente” al tuo metodo.

È dall’aderenza al tuo metodo che troverai la “naturalezza” per dire “no” quando serve.

Gli effetti

Un mese dopo la nostra sessione abbiamo instaurato una routine in cui, 2 volte a settimana, le chiedo come va’ e lei ne approfitta per fare debriefing.

Man mano che leggi le frasi che ho selezionato, noterai un progressione positiva.

“Sono così felice e spaventata al tempo stesso che non so spiegarti come mi sento. Ma una cosa è certa: ho superato il banco di prova. Sbagliavo a pensare di non poter essere competente.

“Oggi va meglio di ieri!
Perché sono riuscita a mettere qualche paletto in più con XXX (anche se non dovevo farlo io questo, quindi mi è “costato” dispiacere).”

“Il mio capo, ancora ci prova a darmi cose da fare… ma gli ho fatto un bel discorsetto 😀 (In poche parole: “Tu “X”, io “Y” bello mio!!!”)
E di questo vado assai fiera, perché lui adesso “teme” che io vada a dire le cose a XXX… ahahah se mi vedessi adesso sto ridendo da sola.”

“Ciao Paola ❤️
Questa settimana decisamente meglio, stanno arrivando i primi feedback positivi. Anzi, ho la conferma che l’anno scorso la mia intuizione non era sbagliata […] ha generato il vantaggio che oggi che le seguo da sola, ho più potere decisionale (e quindi, se l’anno scorso subivo le decisioni adesso sto lavorando per sistemare le schifezze praticamente 😂)”

“Una collega manager mi ha fatto una metafora che rende proprio bene l’idea di come mi sento.
Dice: tu finora hai avuto a che fare con tanti criceti e adesso ti trovi a dover gestire un elefante. Pensa che quell’elefante è fatto di “n” criceti che sono di più di quelli che avevi prima, ma lo devi smontare sennò se lo vuoi trattare come trattavi 1 criceto solo ti fai travolgere e l’elegante è grosso! Allora li ho avuto il flash “essere aderente al mio metodo”. Mi sono chiesta “ma lo sto facendo?”. Sì, risposta.”

“E poooooi ieri per la prima volta da quando ho iniziato questo “nuovo incarico” sono riuscita a staccare alle 18.00 (Il mio ragazzo mi prendeva in giro 😂😂😂. Del tipo che mi toccava la fronte e mi diceva “ma ti senti bene amore?”)”

Vedi che ha ragione Margaret Atwood a invitarci a mettere in dubbio?

Bisogna mettere in discussione i limiti che ci attribuiscono. Nel suo caso, con la prova dei fatti, è risultato che non erano reali.

Se avesse continuo a credere di “doversi fare le ossa”, avrebbe snaturato se stessa, si sarebbe piegata a uno stile aziendale tossico e non avrebbe potuto godersi queste soddisfazioni che oggi arricchiscono la sua vita.

In che modo ti è stato utile il racconto di questa esperienza? Come potrà esserlo in futuro?


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