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Superare le convinzioni che impediscono di farsi pagare il dovuto

Farsi pagare le iniziative nate dalla propria passione

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Questa storia parla di una donna con una passione che lei riporta in ogni attività della sua vita parlandone, coinvolgendo, creando iniziative. Ma fino a poco tempo fa, metteva in campo idee ed energie senza riuscire a farsi pagare.

Più precisamente, la situazione era questa:

È ora di fermarsi e di riflettere e trarre profitto da quello che ho fatto. Ho piantato tante piantine e dovrei passare a un livello successivo della costruzione.

Sarebbe ora di concretizzare. Le azioni le faccio (fotografo, parlo, …) ma non concretizzo.”

Le feci notare che “concretizzare” e “costruire” non implicano necessariamente un ritorno economico. 

Non si poteva dire che non stesse concretizzando, in assoluto: gli eventi c’erano, le persone partecipavano, le collaborazioni nascevano.

Sottolineai anche un’altra cosa che mi aveva colpita: nei suoi discorsi era assente la terminologia inerente al “guadagno”, ai “soldi”, agli “incassi”, …  

Ipotesi sul come farsi pagare

“Ho pensato anche a un appello partecipativo. Ho voglia di realizzare… mi aiutate? Offerta libera. Ma non so se è serio.”

Più che altro era un’idea adatta a chi aveva paura di farsi dire di no e con l’offerta libera scaricava la responsabilità sull’altro.

C’era anche tutto un discorso di merchandising e del modo in cui le sue iniziative avevano portato del lavoro a un’azienda produttrice di magliette. La sua idea faceva produrre del guadagno a terzi, ma non a lei.

Da un lato c’erano le sue convinzioni sull’opportunità di farsi pagare per qualcosa che faceva con trasporto e passione (e quindi le sembrava bastasse la gratitudine delle persone).

Dall’altro c’erano esempi di altre donne che, su quella stessa passione, avevano costruito delle aziende o ricevevano dei compensi economici per il loro impegno.

I conti non tornavano, in tutti i sensi.

Mentalità diverse, modi di muoversi diversi, conti diversi, riconoscimenti diversi.

Lei arrivava in zona “soldi” da molte strade che si era aperta da sola ma, una volta lì, proseguiva su una via che giustificava l’idea che non era necessario/corretto/giusto “incassare”.

“Fatevi pagare per il lavoro che fate, e fatevi pagare per il tempo che ci mettete, fatevi pagare per le competenze che avete e la flessibilità mentale che dimostrate. Dite di no, in maniera categorica, a chi vi vuole sfruttare senza offrirvi concrete possibilità di crescita.”

[Tratto da “Manuale per ragazze rivoluzionarie” di Giulia Blasi]

Un ponte fra prima e dopo

Un aspetto affascinante che non smette di stupirmi è che possiamo sempre creare un collegamento partendo da un contesto efficace (del nostro passato o di qualcun altro), isolare gli elementi che riteniamo utili e applicarli al nostro contesto per capire come realizzare il nostro obiettivo.

Nel suo caso, le suggerii alcune ipotesi da sviluppare:

  • Partendo dall’esperienza come ricercatrice, quali fondi/finanziamenti per il sociale sono disponibili? Quali potrebbero essere sfruttati per la tua idea?
  • Partendo dall’esperienza di chi ha creato delle associazioni, come guadagnano? Come puoi adattarlo a te?
  • Partendo dall’esempio di chi organizza eventi (gare, raccolte fondi, promozioni turistiche, …), come potresti guadagnare tu? Qual è l’intuizione imprenditoriale dietro al tuo progetto?

Dopo questa sessione è seguito un lungo periodo in cui non l’ho sentita.

Ma io so bene, e glielo ripeto spesso, che il silenzio è uno spazio di costruzione.

La nuova mentalità

L’ho ritrovata qualche settimana fa. Mi ha aggiornata su tutto quello che era successo nel frattempo.

Si rimproverava ancora di mettere troppa carne al fuoco, ma aveva anche fatto dei progressi sulla via della concretezza.

“L’associazione non sta andando nemmeno male.

Ho accesso a un’applicazione che gestisce le adesioni.

Solo nel mese di settembre abbiamo fatto tante entrate come nei 6 mesi precedenti.

Anche perché mi sto esprimendo, mi sento più libera di farlo.”

Poi ha aggiunto un esempio per farmi capire che aveva cambiato atteggiamento rispetto al farsi pagare:

“In una di queste mattine c’era una ragazza che voleva aderire.

Ho fatto un po’ di marketing.

Mi sono stupita di me stessa.

Mi sono detta: non cerco amicizie, offro un servizio.

So perché stai sorridendo! Perché ti ricordi che era un problema chiedere dei soldi!

Forse ci siamo! Siamo sulla strada giusta!”

Eh, certo che sorrido!

Intanto perché ha trovato una soluzione che supera le sue convinzioni limitanti sulla possibilità di farsi pagare.

E poi perché sta prendendo ancora più seriamente la sua passione, sta diventando più consapevole del suo contributo e sta allargando la sua visione.

Ho tante ragioni per essere fiera di lei, del lavoro fatto insieme e sorridere!

Photo by Adam Wingler on Unsplash
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