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Essere grata dei complimenti e non accontentarsi

Complimenti meritati e complimenti programmati

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Sono passati 9 mesi dall’ultima volta che ci siamo sentite. Com’è suo tipico, prima di entrare nel merito, mi fa un elenco ben organizzato degli avvenimenti accaduti in questo lungo periodo. Poi, smarcata questa parte formale, si addentra nelle “novità”: i complimenti che ha ricevuto in occasione di un evento fuori dalla sua azienda.

I complimenti che la stupiscono

Continua a stupirsi del fatto che, mentre i suoi soci sono pronti a non riconoscerle abilità particolari, a osteggiarla e a metterla in ombra, appena lei mette un piede fuori viene ricoperta di complimenti.

Io non me ne stupisco affatto, francamente.

“Era alla ricerca imprenditori folli. Ho risposto, poi sono andata a vedere chi altri c’era. Ho iniziato a dirmi: cosa ci faccio qui dentro? Mi è venuto il dubbio di non essere capace.

Questa tavola rotonda è stata trasmessa live. Mi sono piaciuta. Anche se da un punto di vista dialettico, espositivo, non sono certo al livello degli altri.

È stato bello perché gli altri portavano molta teoria e io portavo molto vissuto.”

“A onor del vero, ogni volta che sei uscita, che ti sei mostrata, hai avuto feedback positivi su di te ed è cambiato qualcosa. Forse ci sarebbe bisogno di aumentare la frequenza di queste uscite.”

Da quel che mi racconta, dopo l’evento c’è stato un susseguirsi di scambi, rimpalli, controproposte come spesso accade in queste dinamiche che io, di solito, riassumo nell’espressione: “quelle situazioni in cui tutti vogliono vendere a tutti e finisce che nessuno vende a nessuno”.

E dopo i complimenti?

La questione non è un puro capriccio o voler andare alla ricerca di apprezzamenti per confortare il suo ego. C’è molto di più in ballo.

“Man mano che il tempo è andato avanti mi rendo conto che è difficile per me portare i miei soci a una consapevolezza diversa. Il mio futuro qui è finito.

A fine anno si tirano le somme. Questa sessione era un po’ come tirare le somme di questo anno e pensare che potrebbero esserci dei cambiamenti che andranno, se ci saranno, affrontati. In tutti i modi devo cambiare qualcosa.”

Le faccio presente che ho l’impressione che appena esce dall’azienda, si mostra e riceve feedback positivi, quei feedback sono come l’ossigeno per chi è stato a lungo in apnea o dentro un locale pieno di fumo. Il che va bene, per un po’. Ma poi dovrebbe scattare qualcosa per farla andare oltre. E non mi sembra che scatti. Perché, per esempio, nel caso della tavola rotonda non ha un piano a, b, c come ce l’ha di solito pur di raggiugere un obiettivo aziendale?

“Mi piacerebbe capire come.

Ho fatto qualcosa che non pensavo sarei mai riuscita a fare. Mi piacevo. Avevo ritrovato me stessa.

Ti butti, la fai come ti viene, con la tua autenticità e sei assolutamente come pensavi di non riuscirci. Poi, certo, più lo affiniamo, meglio è.”

Vorrei soddisfazioni più grandi per lei

“Sai che sono fiera di te. Ma vorrei anche che vivessi soddisfazioni più grandi.

Vorrei che non ti stupissi così tanto per reazioni che dovrebbero essere all’ordine del giorno per te.

Vorrei che non ti fermassi a girare intorno ai complimenti e a rimuginare su chi non ti apprezza da sempre.

E vorrei che dopo ogni “Figo! Mi apprezzano” aggiungessi una domanda a te stessa: “E adesso?” e non ti rituffassi nella routine, perdendo di vista che vuoi costruirti un’alternativa.”

Magari è buono il canale, più che l’esperienza in sé. Ma serve una ricerca fatta a modo, pianificando il metodo e il materiale raccolto.

A quali gruppi appartengono quelle persone? A quali eventi partecipano? Potresti contattare le associazioni di categoria? Quali altri strade potresti sondare?

Dove si perde?

“Se aspetto che cambi, non cambierà mai niente. Da qualche cosa bisogna partire.

La ruota la metto in moto. Non è che adesso dico è stato bello e saluti.

Da adesso a gennaio, che cosa posso fare? Io un po’ mi perdo.

Sai cos’è? Vado molto in crisi perché non so come utilizzare il mio tempo. Devo impiegare tempo a lavorare perché se non lavoro non so dove andare.”

“Non è vero che se non lavori in azienda non sai dove andare. Ti spaventi, certo, perché non organizzi i dati che raccogli con le ricerche. Ti perdi, certo, perché inizi una strada e ti dimentichi di sviluppare tutte le ipotesi parallele. E ti avvilisci, certo, perché non ci sei abituata ad affrontare queste ricerche solo per te stessa (e non per l’azienda).

Ma, ehi. Tu hai fatto un sacco di progressi. Non riesco neppure a immaginare che tu non riesca a fare questo.

Le risorse utili:

  • Libro “Osare in grande. Come il coraggio della vulnerabilità trasforma la nostra vita in famiglia, in amore, e sul posto di lavoro” di Brené Brown (per questa paura di non essere mai abbastanza e perché, in effetti, stai pensando a “osare in grande”);
  • Libro “Checklist. Come fare andare meglio le cose” di Atul Gawande (interessante perché spiega che le professioni più complesse (medicina, ingegneria, …) riescono a fronteggiare la complessità proprio perché si basano sulle checklist. E chi siamo noi per non usarle?)
  • Software Trello (il mio consiglio è di creare una bacheca che potrebbe chiamarsi proprio “e adesso?”. All’interno della bacheca creare delle board (lavagne) per ogni canale possibile in cui intendi sondare e ricercare opportunità.  Questo software ti consente di visualizzare ogni strada, una affiancata all’altra, di metterti delle scadenze, vedere dove ti stai muovendo e dove sei ferma. Soprattutto evita che inizi ad approfondire un canale e poi, al primo intoppo, ti senti persa e senza impegni e ricadi nella vecchia routine pur di tenerti impegnata.

E poi ci sono io che ogni settimana le chiedo quali iniziative ha portato avanti. Così, anche se si perde, è solo per poco tempo e ritorna di nuovo sulla strada.

Intanto, io so che le sentirò dire di nuovo di se stessa: “mi sono piaciuta. Ho fatto qualcosa che non pensavo sarei mai riuscita a fare”. E siamo onesti: fra tutti i complimenti, sorprendere se stessi è quello più prezioso!

Photo by Erwi on Unsplash
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