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Le procedure hanno migliorato la qualità della sua vita

Questo articolo è nelle bozze da ben 3 anni. In quel periodo, quando il mio coachee prendeva consapevolezza della necessità di introdurre procedure all’interno dell’azienda per cui lavorava, non sapevo ancora che ne sarebbe diventato il direttore generale.

Ora che so dove è arrivato, gli riconosco che è stata una scalata che si è costruito con la lucidità e la disciplina che si trovano nelle storie dei grandi successi.

Forse esprimo la mia stima in modo troppo “asciutto”, ma sono sinceramente colpita da quello che è riuscito a realizzare in questi anni. Forse la ragione per cui questo articolo è rimasto così a lungo nelle bozze è perché alcuni percorsi di coaching mi danno la sensazione che sia più importante raccontare ciò che è successo nel lungo periodo rispetto ai risultati di breve periodo.

L’obiettivo su cui voleva che lavorassimo insieme era quello di aiutarlo ad “alleggerire il rimorchio”. Il rimorchio era una metafora che lui usava per descrivere il carico di impegni a cui doveva rispondere h 24, 7 giorni su 7, a scapito del suo tempo libero, della sua relazione, del tempo per se stesso. Lo sentiva pesante dietro di sé e temeva l’avrebbe travolto.

Avere delle procedure libera dall'obbligo di essere sempre presente
Photo by Rawpixel/DepositPhotos

La necessità di introdurre procedure

Nella prima sessione avevamo subito identificato l’ipotesi di introdurre delle procedure per eliminare la necessità della sua continua presenza, pur conservando la qualità del lavoro.

Nella sessione successiva me lo ritrovavo che si era già attivato concretamente in quella direzione. Ero colpita dalla sua velocità nel mettere in atto i cambiamenti necessari.

“Il tempo dedicato al lavoro è molto diminuito.
Adesso non posso perdere tempo.
Neanche prima, ma ora gioco di anticipo.
Sono molto centrato sulla pianificazione e su quel discorso che abbiamo fatto insieme sulle procedure. Dal 4 sto facendo solo questo: scrivo procedure, faccio scrivere procedure, se una richiesta arriva a me comunque mi chiedo se si può fare una procedura per evitarlo.”

L’incontro con il mentore

Eravamo appena agli inizi del percorso di coaching ed ero incuriosita: cosa gli aveva fatto dare un’accelerata all’implementazione delle procedure e l’aveva convinto che era la strada giusta?

“L’incontro con il direttore di una multinazionale che diceva “ne parliamo adesso perché io non ho tempo per riparlarne”.
Mi ha fatto capire che noi parliamo delle nostre cose all’infinito e perdiamo le nostre giornate così. E nonostante questo, stiamo andando bene (abbiamo raddoppiato il fatturato).
Immagina con una ristrutturazione di diverso tipo!”

Si dice che “quando l’allievo è pronto, il maestro appare” (credo sia un proverbio zen, ma non sono riuscita a rintracciare l’origine certa).

Quel mentore, con le sue parole, è apparso proprio nel momento in cui il mio coachee era sensibile all’argomento perché aveva visto la stretta connessione fra il tempo richiesto dalla sua ambizione e ciò che rischiava di perdere nella sua vita (salute, serenità, affetti).

Cos’altro ti serve per raggiungere il tuo obiettivo?

Mi raccontò i primi strabilianti risultati delle prime procedure che stava introducendo. Dire che era entusiasta è riduttivo.

Ho cavalcato la sua velocità di applicazione e sono andata oltre. Come lui, volevo che quel rimorchio sparisse quanto prima lasciandolo libero di sfrecciare incontro alla sua visione.

“Se le procedure sono la soluzione a molti dei tuoi problemi, cos’altro ti manca per recuperare il tempo per te stesso?”

“Cosa mi manca in questo momento per me stesso?

Trovare qualcuno da mettere al mio posto.
Non è per niente semplice. L’unica cosa che rimane è su questo fronte. Non è così rapida e io vorrei andare a 1000.”

3 anni dopo posso dire che ha trovato quella persona da mettere al suo posto e me l’ha anche affidato per farlo crescere e “non bruciarlo” (usò quest’espressione quando mi presentò il progetto pilota in cui mi voleva coinvolgere).

Sapeva che doveva andare molto veloce nella delega e voleva che il ragazzo fosse supportato in tutta la fase di passaggio dal ruolo precedente al nuovo ruolo di capo area.

Un giorno racconterò anche il percorso con questo talentuoso ragazzo che si è confermato un’ottima scelta.

Procedure e resistenza al cambiamento

Ma torniamo a 3 anni fa, a quella seconda sessione in cui c’era qualcosa che mi lasciava perplessa. So fin troppo bene che introdurre procedure suscita più resistenze che entusiasmo. La maggior parte delle persone le detesta, per usare un eufemismo.

Lui non menzionava reazioni negative alla sua iniziativa.

Era possibile che non ci fossero nel suo caso, così come era possibile che lui non gli stesse dando la giusta importanza con il rischio che si ritrovasse con altri problemi da affrontare in futuro.

Ho sondato il terreno e sono venuti fuori i segnali a cui doveva fare attenzione.

“Ho notato una cosa facendo questa cosa delle procedure.
C’è un po’ di incompetenza a livello di management, perché non viene abbracciata come una salvezza questa cosa delle procedure.

Mentre tu scrivi delle procedure a livello macro, non si mettono a scrivere delle procedere a livello micro. Sto pensando di fare dei corsi di formazione su qualcuno su cui vogliamo investire.

Vorrei che tutto fosse misurato, che tutto fosse sotto visione. Perché una persona dovrebbe percepire una cosa del genere come non adeguata?”

Gli parlai un po’ della resistenza al cambiamento per fargli capire che non doveva sottovalutarla e, anzi, doveva metterla in conto per poterla superare. Proprio come si fa con qualsiasi limite che si vuole battere: non si può far finta che non esistano gli ostacoli nel mezzo.

Venne fuori che l’amministratore aveva criticato il modo in cui faceva le procedure perché il linguaggio che usava avrebbe potuto “allontanare le persone”.

La critica l’aveva colto di sorpresa e ferito. Per quale motivo?

“Ho sempre bisogno che ci sia qualcuno più capace di me per fare una valutazione oggettiva.
Lui saprà qualcosa in più di me. Magari vede qualcosa che io non vedo.
Per una cosa gerarchica prendo come consigli quello che lui mi dice.”

Fare una valutazione oggettiva

Se la sua esigenza era “fare una valutazione oggettiva” avevo lo strumento giusto per lui, rendendolo indipendente dall’autorità: il libro “6 cappelli per pensare” di Edward De Bono che ritengo sia davvero utile per portare avanti le proprie idee pur tenendo in considerazione le critiche esterne e interne.

Parallelamente, era necessario indebolire la sua convinzione che occupare un posto gerarchicamente superiore significasse per forza saperne di più di lui. Feci riferimento a suo fratello, di cui ero stata la coach prima di lui. Sapevo che avrebbe potuto raccontargli il suo disappunto per persone più in alto di lui che non stimava perché non gli riconosceva dei meriti o delle capacità in più.

“In un certo senso, dentro me stesso, ho sempre la risposta alle cose.

Quando le porti fuori, inizi a farti dei filtri.

So che le cose funzionerebbero in quella maniera.
Non sono mai stato in grado di metterla in pratica fino alla fine.”

Con l’idea delle procedure, invece, è andato fino in fondo.

A distanza di anni possiamo entrambi affermare che era effettivamente la soluzione che gli serviva per liberarsi dal rimorchio che incombeva su di lui.

Negli ultimi mesi ci sentiamo per alcuni percorsi di coaching che mi ha affidato e che riguardano alcuni suoi collaboratori su cui ha deciso di investire.

Alla fine dei nostri briefing, quando il dovere è stato assolto, mi aggiorna sulle sue soddisfazioni a lavoro, sugli effetti dell’aver imparato ad apprezzare il tempo improduttivo, sui progressi anche nel privato di cui va fiero.

Adesso che posso vedere quanto è stimato anche dai suoi collaboratori, mi rendo conto che ora è lui a essere diventato un mentore e un modello per gli allievi che sono pronti ad apprendere.

E chissà cos’altro ha in mente un visionario concreto come lui!

Ho la sensazione che me ne parlerà martedì, quando ci incontreremo nella sede della sua azienda che sta facendo crescere così prodigiosamente.


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