Cara *****, siamo riuscite a vedere l’asticella della rinuncia che stavi alzando ad ogni pretesto utile. La chiamavi “resilienza“, ma era diventata una subdola abitudine.
All’inizio si trattava di piccole cose: una volta in meno dal parrucchiere, una crema in meno, un vestito in meno.
Poi è diventato qualcosa di più sottile: una serata con gli amici in meno, un viaggio in meno, un affetto in meno. C’era sempre qualcosa a cui potevi rinunciare e un motivo “valido” per giustificare la scelta.
Ogni rinuncia è diventata la conferma che puoi sopportare ancora tanto, in una spirale che ti ha portata a non aver più forze né risorse.
Una rinuncia a te stessa.
Dice Nassim Nicholas Taleb in “Antifragile“:
“Il 29 aprile 711 l’esercito del comandante arabo Tariq attraversò lo stretto di Gibilterra dal Marocco verso la Spagna con un manipolo di uomini […]. Una volta approdati, Tariq fece incendiare le navi. Poi tenne un famoso discorso, che quando andavo a scuola tutti gli studenti dovevano imparare a memoria, e che qui traduco liberamente: «alle vostre spalle c’è il mare, davanti a voi il nemico: siete in inferiorità numerica. Tutto ciò che avete sono la spada e il vostro coraggio». Tariq e il suo piccolo esercito si impossessarono della Spagna.”
Lo afferma anche Sun Tzu ne “L’arte della guerra“:
“Egli [il comandante] brucia le sue barche e manda in frantumi le sue giare da cucina”
Questi condottieri mi ricordano te, *****!
Hai inventato l’arte della rinuncia e la stai pagando: la stanchezza di questi giorni, il sentire che non c’è più nulla che tu possa fare, la sensazione di essere senza energie: tutto questo è l’effetto dell’aver bruciato tutto.
Ma ti è rimasto il coraggio, quello sì.
Nemmeno per me è stato semplice farti vedere tutto questo.
Però è necessario saper riconoscere i propri limiti per poterli superare.
In questo sei superba: nella tua volontà di farti aiutare nell’individuarli, finché passi oltre. A questo non rinunci, no.
Mi hai detto che torni spesso a rileggere i post che sono stati scritti per te e dunque ti riporto la parte saliente di tutto quello che ci siamo dette l’altra sera:
«Se vuoi scalare la montagna e non hai le corde o gli scarponi, che fai?»
«Vado a comprarmeli.»
«E tu invece che cosa avevi fatto?»
«Avevo rinunciato alla montagna…»
Io e te sappiamo come stiamo sfruttando un meccanismo che ti faceva rinunciare a te stessa in modo che diventi un vantaggio che arricchisce la tua vita… Dall’immagine che mi hai mandato ieri, ho la conferma che stai lavorando seriamente in quella direzione. E, a proposito, non ti sarà sfuggita quella che ho scelto per il post…
Un’ultima cosa: sai che ci vorrà un bel po’ di determinazione e disciplina nei prossimi giorni.
Ogni volta che ti verrà spontaneo privarti di qualcosa, chiediti:
«Questa rinuncia, rappresenta una crescita per me?
Oppure è ancora la vecchia abitudine?
Come e dove posso prendere corde e scarponi invece di rinunciare alla nuova vetta?»