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Valorizzare le capacità che stai dando per scontate

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Spesso dimentichiamo di valorizzare le capacità che già possediamo.

Forse perché le diamo per scontate (come se tutti le avessero).

Forse perché partiamo dall’assunto che non sono quelle che faranno la differenza.

O forse perché diamo tanto (troppo?) valore a quelle capacità che sentiamo mancare e finisce che tutta la nostra attenzione è catturata da quella assenza da riempiere. Ma, secondo questa logica, ci sarà sempre un’abilità che ci mancherà e rischiamo di passare molto tempo ad accumulare conoscenza invece di dedicarlo al fare e a raccogliere i risultati del nostro impegno.

Ho già parlato di questo percorso che aveva lo scopo di arrivare a capire cosa le piaceva abbastanza da farne una professione.

Ma questo argomento del potenziale talento è un tema caldo per chi lavora da anni sulla propria crescita personale e, come lei, cerca di capire quale alchimia di capacità e doti può far sentire realizzati.

Perciò ho ripescato un particolare momento che fu uno degli snodi importanti.

Un primo passo per cominciare a valorizzare le capacità

Le chiesi di fare un elenco delle capacità che possedeva. Tutte. Anche quelle che, nel modo più assoluto, non voleva tornassero ad essere centrali nella sua professione futura.

Come se avesse dovuto fare un inventario di tutto ciò che, negli anni, aveva accumulato dentro un enorme magazzino, in attesa che un giorno trovasse la sua destinazione d’uso.

“Mentre ci lavoravo ho sentito la necessità di cambiare alcune cose. La metafora del giocoliere rendeva l’idea, ma mentre disegnavo mi è venuto più spontaneo rinominare le stanze proprio come fossero i locali di una casa.”

(Un’intuizione che (personalmente) ancora oggi penso fosse geniale)

“Quindi attualmente abbiamo:

– La soffitta: contiene i lavori che non voglio fare, quindi messi in disparte.
– La stanza dei giochi: contiene gli hobby e gli interessi che voglio coltivare per me stessa.
– La stanza del volontariato: come dice il nome…
– La cucina: contiene gli ingredienti di base del mio lavoro.
– La dispensa: dove ci sono vari altri ingredienti che non so ancora se-come-quando-in quale ricetta (lavoro) possono essere utilizzati.
– La stanza delle spezie: dove ci sono quelle doti o capacità più personali che, al di là di quale sarà la professione che sceglierò, mi aiuteranno a rendere il tutto più utile, più piacevole, più funzionale, così come le spezie danno più sapore al cibo.

Nonostante tutto questo lavoro, in cucina ci sono poche cose… ho la sensazione di pensare ancora troppo in piccolo. 

Ne parliamo domani. Buona serata!”

Un secondo passo per prendere consapevolezza e non dare nulla per scontato

Guardai con attenzione la planimetria (sì, fece proprio una planimetria) e tutte le abilità che aveva collocato in ogni zona della casa.

Mi incuriosì l’esistenza della stanza delle spezie. Certo, lo spazio di cui hanno bisogno dipende da quanto variegata è la fornitura di cui si dispone, ma, di solito, degli scaffali dedicati sono più che sufficienti.

Un’intera stanza a parte solo per le spezie? Possibile che la “cucina” (gli ingredienti base del suo lavoro) fosse così vuota perché aveva creato una stanza che non aveva motivo d’esistere? Possibile che avesse scambiato per “spezia” delle abilità che invece erano “ingredienti base”?

Per esempio, il “senso estetico” che lei aveva messo nella stanza delle spezie, per quel poco che avevo visto di lei, mi sembrava così potente e pervasivo nella sua mentalità che non poteva avere solo la funzione di aggiungere “più sapore” ma era necessariamente fra gli ingredienti o gli strumenti di base.

“Il motivo del senso estetico rimasto nelle spezie è quello che ti dicevo: lì ci ho messo le skills “impalpabili”, caratteristiche o talenti più personali o innati, non capacità acquisite. Suppongo verranno naturali qualsiasi professione scelga di intraprendere; come dire, li tengo tutti in considerazione e non potrei fare altrimenti (comunque il senso estetico ora è in cucina).”

Valorizzare le capacità derivanti da esperienze di vita

“Qual è il percorso formativo (anche se) “non formalizzato” che hai fatto per arrivare ad avere questo senso estetico?”

A volte non si valorizzano le capacità perché non si dà neppure valore alle esperienze che ci hanno permesso di avere una particolare dote o di svilupparla più di altre persone.

Una piccola digressione per spiegarmi meglio.

Oprah Winfrey è diventata un’icona per le sue interviste. Grazie alla sua capacità di far sentire a proprio agio l’ospite, riceveva confidenze molto intime, in modo naturale e spontaneo.

Era stata cresciuta in una fattoria del Mississippi segregazionista

“Da una nonna terribile che la veste utilizzando i sacchi di patate e quando le gira male manda la bambina nel bosco, vicino a casa, a prendere dei rami con cui poi la frusta. Quando è in buona, le dà una pannocchia e le dice: “ecco, questa è la tua bambola!” e Oprah trascorre lunghissimi pomeriggi a intervistare Miss Pannocchia imparando a misurare l’empatia anche con il granoturco.”

[Dal podcast “Morgana”, ep. 25 dedicato a Oprah Winfrey]

Il suo talento è stato allenato dalle condizioni infelici, ma non avremmo avuto l’Oprah che conosciamo se non fosse stata abile nel valorizzare le capacità che proprio quelle condizioni infelici le avevano lasciato in eredità.

Tornando al percorso di cui ti stavo raccontando

Ricordi che, dopo aver distribuito le capacità nelle diverse stanze, mi aveva detto “ho la sensazione di pensare ancora troppo in piccolo“?

Ecco. Dopo aver dato valore al “senso estetico” e averlo spostato in “cucina”, il filo del “senso” annodò altre abilità insieme fra loro:

“Mentre facevo questo lavoro di selezione, ho avuto un’intuizione, credo. In un primo momento ho pensato “ma siamo sicuri che devo considerare solo le professioni legate al senso estetico?” e ho realizzato che mi piacerebbe includere in qualche modo anche il mio grande interesse per la crescita personale, per il miglioramento, per la valorizzazione e cura di sé.”

Quello è stato il momento in cui ha smesso di “pensare ancora troppo in piccolo” e ora la sua professione è una splendida alchimia di tutte le sue capacità.

“La vera guida di cui oggi abbiamo tutti bisogno è qualcuno che rigetti con forza l’abitudine di confrontarci «nel nostro piccolo» e sappia indicarci la strada verso l’arte di rivendicare «il nostro grande»

[Da “La misura eroica” di Andrea Marcolongo]
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