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Domandare un aumento di stipendio a lavoro

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Era gennaio. Era scontento del valore percepito in azienda rispetto al suo operato ed era tentato di domandare un aumento di stipendio.

“Lunedì viene questa persona: starà 3 giorni per insegnare la nuova procedura che avremo in mano io e il nuovo dirigente.

Nel contempo dovrò gestire anche quello che faccio adesso (non saprei come…). In attesa del nuovo assunto che troveranno, che dovrò formare nel più breve tempo possibile e tornarmene al reparto avendo la responsabilità di questa nuova procedura, delle pratiche già in essere e di una persona o forse due.

Non posso farla passare liscia anche questa volta. Mi prendo il pacco e non dico niente anche questa volta?

Una domanda retorica, ovviamente. Cos’aveva intenzione di fare, quindi?

“Di sicuro tra ieri sera e questa mattina ho maturato il pensiero di domandare un aumento di stipendio. Mi chiedono un altro notevole sacrificio.”

La mia mente venne catturata dai ricordi.

Nel primo percorso di coaching che facemmo insieme era sottovalutato e lui stesso reagiva male ai cambiamenti richiesti.

Avevamo introdotto un approccio mentale simile a quello delle sfide che gli piacevano in ambito sportivo.

A quel punto si era mosso diversamente, si erano accorti di lui e del suo valore.

Mi aveva contattato perché avevano minacciato di licenziarlo e lui invece si è fatto promuovere.

Fu diversi anni fa.

Domandare un aumento di stipendio
Photo by Jack Finnigan on Unsplash

Smettere di sentirsi sfruttato.

“Ad un certo punto mi viene il dubbio… non sarà che io appartengo alla specie che ha bisogno di rigenerarsi, che ha bisogno di cambiare? Che è portato dalla sua indole e nel cambiare dà il meglio di sé? Che deve affrontare nuove sfide per stare meglio?
Boh. Rimane il fatto che mi sento un po’ ”sfruttato”, questo sì.”

Mi sembrò l’aggancio giusto per raccontargli di un altro coachee che aveva avuto l’idea di fare dei colloqui in altre aziende per misurare il suo reale valore nel mercato del lavoro.

Glielo citai perché era in una “bolla” in cui veniva visto come

“Il buon ******, versatile, affidabile, professionale, capace […] Non so fino a che punto sono sinceri o mirano ad uno scopo.”

Nella stessa bolla dava molto peso a quello che non sapeva fare, si auto ridimensionava chiamandola “umiltà”.

“Soffrire, sbattersi (anche e soprattutto rispetto ad altri reparti) con il solo fine di aumentare la mia competenza, raggiungere nuovi traguardi forse non mi basta più. Vorrei vedere riconosciuta dall’azienda la mia figura.

Domandare un aumento di stipendio era compatibile con il suo auto ridimensionarsi?

No. Gli impediva di godere di ciò che sa fare. Così come gli rendeva difficile trattare per i soldi. Focalizzandosi solo su ciò che doveva migliorare, faceva più fatica a chiedere quello che già meritava.

Nelle settimane successive mise mano al suo curriculum, fece ricerche fra le aziende che potevano assumerlo, comparò i requisiti richiesti con la sua attuale posizione.

Tutto questo gli servì per spaccare la bolla della consapevolezza (limitata) di sé, che l’aveva avvolto con i feedback maturati in anni di presenza nella stessa azienda.

“Sei in un momento di grande forza. Molto più di quanto tu ne sia consapevole.”

Domandare un aumento di stipendio. L’aggiornamento un mese dopo.

“Ciao Paola, come stai? Ti disturbo per aggiornarti sulla mia richiesta di aumento al mio datore di lavoro. La mia richiesta è stata accettata ma con suddivisione dell’aumento in due momenti. Da subito, primo marzo, la metà richiesta. Non prima del primo luglio la seconda metà richiesta.

Reazione mia: vedo il bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. Mezzo pieno perché, anche se in due fasi, mi viene riconosciuta l’intera richiesta. Mezzo vuoto perché se ritengono che valgo quella richiesta, la valgo sin da subito. Non si capisce perché in due fasi. O meglio, qualche sospetto ce l’ho. […] Non vorrei che si finisse per ridiscuterlo. Credo che vogliano abbinare il mio aumento finale con la nuova posizione in azienda, che evidentemente ritarda di qualche mese. Insomma, prevale un po’ di amarezza.

Sono in una posizione forte ma forse non a sufficienza o forse dovrei essere più cattivo… Strano eh ? Qualche mese fa non avrei neanche pensato o sperato in questa situazione e invece adesso non mi sento del tutto soddisfatto.”

Gli cito Daniel Kahneman:

“Semplicemente, vuoi vincere e detesti perdere; e quasi sicuramente detesti perdere più di quanto non ti piaccia vincere. […]

La risposta alle perdite è più forte della risposta ai guadagni corrispondenti: questa è l’avversione alla perdita.”

[Tratto da “Pensieri lenti e veloci”, Daniel Kahneman]

La misura del cambiamento che desidera è formalizzato in alcuni parametri che ha scelto lui stesso. Di quando in quando controllo se siamo allineati. Oggi è uno di quei giorni.

Mi rimbombano in mente le sue parole: “qualche mese fa non avrei neanche pensato o sperato in questa situazione”.

La sua richiesta non ha trovato molta resistenza e questo fa riflettere su tutti i problemi che si faceva lui a chiederlo. Ed è anche vero che non avrebbe avuto l’aumento se non avessimo cambiato la sua mentalità.

Né io né lui molleremo l’osso finché sarà liquidata anche la seconda parte dell’aumento, questo è certo.

(E infatti: continua a leggere qui)

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