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Reinventarsi in una professione con effetto wow!

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Scrivo questi articoli quando il traguardo è stato tagliato. A volte rimangono per alcuni mesi in archivio, durante la fase di costruzione del cambiamento. Finché arriva la conferma: posso raccontare il buon esito. Dato che ho appena iniziato altri percorsi di coaching che hanno l’obiettivo di reinventarsi, mi sembra di buon auspicio parlare di quest’altro.

Ora che ci penso, hanno dei tratti comuni: sono tutte donne mature ma giovanili. Non dimostrano neppure la loro età. E hanno un’altra caratteristica: i figli sono grandi e cominciano ad avere tempo per loro stesse.

Uno degli ostacoli che si incontrano spesso è il peso della propria storia passata.

Quello che è andato storto o le rinunce fatte per il bene di qualcos’altro, creano un precedente che semina il dubbio possa riaccadere. Si perde fiducia in qualche capacità su cui si faceva particolare affidamento o, addirittura, in se stesse nel senso più ampio e negativo possibile.

Difficile reinventarsi con logiche così forti che limitano i movimenti.

Non dico che bisogna reinventarsi tutti i pensieri, ma di sicuro qualcuno è da smentire perché le regole ingiuste vanno infrante.

Altri, invece, sono da introdurre. Fanno parte di mentalità che possono sembrarci lontane e, proprio per questo, possono essere ispiranti.

E qui veniamo a lei. Una donna molto empatica, intelligente, bella. Instancabile nel lavorare su di sé per migliorarsi.

Per un certo periodo ci siamo dedicate a smentire l’idea che non sapeva essere disciplinata. Abbiamo costruito l’esercizio/sfida pensando anche alla paura del giudizio negativo e al gestire l’ambizione all’eccessiva precisione che talvolta la bloccava e le faceva saltare la continuità.

Quando si trattò di entrare nel merito delle possibili professioni:

“Manca l’effetto wow! Nella mia idea, già lavorando su questa cosa, raccogliendo le informazioni, c’erano i momenti in cui le gambe tremavano, i momenti in cui le gambe erano ferme, teoricamente avrei dovuto avere già la mia idea. Sono arrivata a quella sera lì, “ok, adesso?”

Sono andata un po’ per esclusione, però arrivare a dire “wow!”, no.

E non so se anche lì è dovuto alla stanchezza, se sto guardando le cose da troppo vicino e se stacco vedo meglio.

Una mi brilla tanto, perché ho voglia di farlo su di me. “

Come riconosce quel “wow” che sentiva mancare?

“Mi è capitato in passato su alcune cose o con alcune persone, che poi lo è stato. “Wow” sento che quella roba lì è fatta per me.”

Ma la disillusione di un esperienza precedente la portava a trattenersi.

“Avevo esasperato quella roba lì perché avevo voglia di qualcosa di nuovo, il mio immaginarmi mentre facevo quel lavoro era un po’ romanzata.

Ho voluto un po’ calcare la mano del lato artistico.

Non mi posso più fidare della mia intuizione.”

Reinventarsi mettendo in discussione ciò che crede di sapere

“Ci piacciono le storie, ci piace riassumere e ci piace semplificare, ossia ridurre le dimensioni delle questioni. Il primo problema della natura umana […] è quello che chiamo «fallacia narrativa» (in realtà si tratta di un imbroglio, ma per essere più educato lo chiamo «fallacia»). Tale fallacia è associata alla nostra vulnerabilità all’eccesso di interpretazione e alla nostra predilezione per le storie coerenti rispetto alle verità grezze. Essa distorce notevolmente la nostra rappresentazione mentale del mondo e diventa particolarmente grave quando c’è di mezzo l’evento raro. […]

La fallacia narrativa sottolinea la nostra limitata capacità di osservare sequenze di fatti senza aggiungervi una spiegazione oppure, il che è lo stesso, senza imporre loro un collegamento logico, una freccia di relazione. Le spiegazioni tengono insieme i fatti, semplificano la loro memorizzazione, contribuiscono a renderli più sensati. Questa propensione diventa negativa quando rafforza la nostra impressione di aver capito.”

[da “Il Cigno nero”, Nassim Nicholas Taleb]

Un errore di valutazione non equivale a non saper più scegliere

“In realtà si tratta di tornare a fidarti del tuo intuito. Un errore di valutazione non significa che non sia più affidabile in assoluto. Ma se non ti fidi più della tua intuizione, rischi di non vedere le opportunità.

Allo stato attuale, quelle persone che sono state “wow” in passato, non le riconosceresti come invece sei stata capace di fare in passato.

Quali valori sono coinvolti nell’“effetto wow”?”

“La mia crescita personale su alcuni aspetti che io non vedevo.

Ma ora sulla base di cosa decido? L’altra volta ho scelto in base a un presupposto ingannevole. Qualsiasi altra professione io scelga, c’è la voglia di stringere. Non vorrei autoingannarmi nella scelta, nel sottovalutare certe cose.”

Lo dicemmo già all’inizio, quando formalizzammo il patto di coaching.

Prima di immaginarsi come sarebbe stata la sua nuova professione, serviva un’operazione di recupero di fiducia nel suo intuito, attraverso un feedback sull’esperienza precedente.

Le chiesi di annotarsi tutto quello che riteneva lei avesse:

  • romanzato 
  • sottovalutato
  • sopravalutato

Sessione dopo sessione è tornata ad aver fiducia nel suo “sentire”, ha aggiunto l’apprendimento tratto dall’errore, ha sperimentato la forza di saper superare i momenti di indisciplina e incostanza che avevano condizionato il risultato precedente.

Sono passati diversi mesi da quando abbiamo chiuso il percorso.

Stamattina ho incrociato il suo account su un social e ho visto una sua cliente farle i complimenti.

La professione che ha scelto per reinventarsi e per cui si è formata, la riempie di entusiasmo; l’effetto wow che sente si è trasferito alle persone che si affidano a lei.

Ora ricordo un momento che mi è rimasto impresso.

Dopo un’esperienza che l’aveva messa particolarmente alla prova, mi disse:

“Lo sconforto iniziale mi ha fatto capire quanto ci tengo; l’entusiasmo finale mi ha fatto capire quanto ci tengo.”

Spero le torni in mente ogni volta che si sentirà in difficoltà.

Perché non c’è niente di più bello di scoprirsi dire: “Wow! Quanto ci tengo!”

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