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La valutazione a 360 gradi da migliorare

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“Dall’ultima valutazione a 360 gradi è uscito fuori un bel quadretto. Si è circoscritto il problema alla relazione con il mio capo diretto. Non riesco a trovare la quadra e alla fine il problema si ripercuote su di me.”

Queste sfide mi piacciono moltissimo.

Far cambiare idea sul proprio conto non è certo una passeggiata.

Smuove dentro un moto di orgoglio personale.

Punta a dimostrare che l’altra persona si sbaglia e a lenire il dolore di un feedback non gradito attraverso il balsamo dei risultati.

“Sono spontanea, non riesco a nascondere.
Non c’è reciproca stima e fiducia.”

Mi fa qualche esempio di situazioni in cui si rapportano.

– non faccio le cose (come dice lei)
– non consegno in tempo (come vorrebbe lei)
– perdo tempo con cose (che lei ritiene inutili)
(secondo lei) ho troppe idee e quindi ha la sensazione che non porto a termine niente (dati alla mano è come se non li vedesse)

Ho scritto un altro articolo su una situazione simile: i pregiudizi condizionano il rendimento a lavoro.

Anche allora c’era in gioco una valutazione a 360 e un rapporto difficile fra il capo e uno dei suoi collaboratori più stretti. Andò a finire molto bene, con una ribaltamento totale del punto di vista reciproco e la creazione di un’alleanza molto solida e impensabile, all’inizio, da entrambe le parti.

Ma una valutazione non è una gran motivazione

“Non è che dobbiamo diventare amiche…”

Questa precisazione è il segnale che la motivazione è debole.

Sa di doverlo fare, ma da lì ad impegnarsi davvero ce ne passa.

Ci serve qualcosa di molto più forte, che le stia molto più a cuore e che l’avvantaggi anche in questo contesto in cui si sente obbligata dall’esterno.

storie di coaching valutazione a 360 gradi

Photo by rawpixel on Unsplash

Cosa vorresti veder scritto nella valutazione a 360 gradi fra 6 mesi?

Anche se può sembrare paradossale, non le è chiaro.

Perché non prova stima.

Come lei, molti altri miei coachee si lamentano di non riuscire a provare stima per i loro superiori.

Sono consapevoli che sarebbe più facile attivarsi per migliorare se il rapporto si basasse su quel sentimento di rispetto professionale.

Invece la loro motivazione viene depotenziata da una serie di obiezioni di questo genere:

“Se non si migliora neppure lui/lei perché devo farlo io?

Comprensibile, ma ognuno deve pensare a migliorare se stesso, a prescindere dagli insegnamenti che riceve.

Un altro timore molto frequente è che, nel tentativo di soddisfare le aspettative del proprio capo, ci si debba snaturare.

“Questo obiettivo per cui mi hai contattata ha un respiro più ampio, è una “sfida relazionale”, non solo finalizzata al tuo capo, ma puoi vederla come “palestra” per migliorare il tuo modo di relazionarti con chiunque. Che non significa snaturarti (come temi), ma far uscire ancora meglio la tua natura. Perché al momento esce male, tutta trattenuta o distorta. Molto meno spontanea di quel che dici di essere.

Si illumina, si rilassa, posso tornare a chiederle del suo obiettivo:

Cosa vorresti ti venisse riconosciuto?

Ora sa che non c’è in gioco solo la valutazione a 360 gradi, c’è molto di più.

Emergerà un modo nuovo di far valere il suo punto di vista e le sue capacità.

Con una naturalezza che la farà muovere in modo adeguato in ogni interazione, cambiando quei rimproveri “secondo me tu…” in segnali di armonia: “concordo con te”.

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