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Vuoi emozionare ma ti limiti nell’esprimerti

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Ci sono situazioni in cui desideriamo emozionare gli altri.

Vogliamo fortemente far cambiare stato emotivo a chi ci ascolta, ci legge, ci guarda. Vogliamo vedere, belli nitidi, i segnali dello stupore, della commozione, della gioia, dell’eccitazione.

Emozionare equivale anche a “far muovere” (“motivare a”): verso di noi o lontano da noi. Dipende dall’emozione che abbiamo generato.

“Se sei in grado di fare emozionare la gente, allora tocchi un’altra dimensione.”

Grant Achtaz

Ci sono professioni che si basano proprio sul saper emozionare. Penso ai cantanti, agli scrittori, agli chef, a chi si occupa di marketing o di comunicare un business o di parlare di arte.

Ma, a ben vedere, anche chi crea certi prodotti: un’automobile, un oggetto di arredamento, una fotografia, un abito, un corso.

C’è chi calca la mano per farsi notare con immagini cruente o frasi a effetto; la provocazione è un modo per superare l’abitudine o l’indifferenza o il sovraccarico di informazioni, andando dritto al cuore o, molto più spesso, alla pancia delle persone. Personalmente amo la provocazione ben fatta, quella che stimola le menti. Invece considero la provocazione banale come “l’ultimo rifugio degli incapaci” (parafrasando la celebre frase di Isaac Asimov).

Cosa ti trattiene dal riuscire davvero ad emozionare?

Se desideri emozionare qualcuno e non ci riesci, è un obiettivo mancato.

“Ogni volta che ho pensato in maniera emozionante, epica se vuoi, c’è sempre stato qualcuno che ho dovuto smentire.

Qualcuno mi diceva quella cosa per criticarmi e poi è diventa una voce astratta che si è conficcata nella mia mente.

È una voce che si mette a ridere, è un sorriso sarcastico.

Come se quello che penso non appartenesse alla sfera pragmatica.

Come se qualcuno mi guardasse con tenerezza: “guarda questo sta ancora nel mondo dei sogni”, “pensa ancora che il mondo si possa cambiare”…”

Questo è un passaggio importante che devi fare anche tu: mettere a fuoco tutti i pensieri che si frappongono fra te e l’emozione che vuoi suscitare nell’altra persona.

Qualche esempio:

“Non ci riuscirò mai!”

“Non mi considera!”

“Così è troppo…”

“Non sono capace!”

“Chissà cosa penserà…”

“Così mi scopro troppo…”

“Mostro troppo il fianco!”

“Sembro debole!”

“Non se lo merita!”

Come puoi emozionare con questi pensieri castranti? Senti come scaricano la tua emozione, prima di tutto? Cosa vuoi che arrivi all’altra persona?

“Arrivo scarico…”

Esatto. Arriva una cosa smorta, fatta senza convinzione. Non emozionante, appunto.

Nell’emozionare gli altri c’è di mezzo anche la tua emozione.

“Se mi lascio andare mostro le mie debolezze. Mostro troppo il fianco. Faccio vedere troppo così. Eppoi ho sempre la paura di disturbare e di invadere gli spazi altrui.”

Vuoi emozionare e hai paura di invadere gli spazi altrui?

Emozionare è invadere gli spazi altrui.

Lui, lei, loro se ne stanno le loro “spazio emotivo”, fatto di qualsiasi sentimento e arrivi tu, con il tuo desiderio di smuovere quel loro equilibrio e spostarlo verso un’altra emozione. Cosa c’è di più invadente di questo?

Pensa a un padre che cercare di far ridere il bimbo che piange. Lo vuole emozionare, ma in modo diametralmente opposto. Invade la sua tristezza per portarlo verso la gioia. E se non ci riesce si sente proprio come te: incapace di far star bene.

“Ho sempre paura che non saprei gestire un attacco, una reazione diversa da quella che voglio.”

E allora è su questo che ci concentreremo. Ora che abbiamo capito cosa ti trattiene dall’emozionare, ci concentreremo sugli strumenti per gestire la reazione all’emozione che hai suscitato.

Vero che le reazioni possono essere le più svariate rispetto le tue intenzioni. Ma capisci che “gestire il dopo” non ha nulla a che fare con la tua capacità di emozionare?

Arriva all’altro con le emozioni cariche.

Ti sorprenderai di quanto sai emozionare, coinvolgere, affascinare. Onestamente, temo il problema opposto: dovremo prendere le distanze perché vorranno tutti entrare nella tua sfera privata. Ma come dico in questi casi, è un bel problema che non vedo l’ora di affrontare.

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