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Quel cameratismo che limita la tua leadership

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“Il mio obiettivo è avere uno stile imprenditoriale, affinarlo perché non cada nel cameratismo.

Avendo sempre fatto il “facchino”, non è facile “non sentirmi facchino”.

Alzarmi di livello vuol dire iniziare ad avere un atteggiamento diverso.

Devo cominciare a dimenticare il cameratismo con i dipendenti perché non aiuta la leadership.”

Mi stava descrivendo la frustrazione provata per la riunione precedente quando mi disse queste parole. Nell’intento di spiegare a me cos’era successo si era anche reso conto di cosa aveva sbagliato.

Cos’è il cameratismo?

Prendo la definizione dal “Dizionario della lingua italiana” di Devoto Oli:

Cameratismo s. m. Rapporto di amicizia, di solidarietà e di mutua fiducia fra colleghi e compagni di lavoro, di sport, di fede politica, ecc. [der. di camerata].

Vediamo anche cosa si intende per

Camerata s. m. e f. Compagno di studi, di lavoro, di giochi, di partito

Da queste semplici definizioni sorge una domanda molto efficace:

In che rapporti sei con quelle persone?

E anche un’altra:

Ci sono i presupposti per il cameratismo oppure il cameratismo è la soluzione che hai trovato per avvicinare le persone?

La risposta non lascia spazio ad equivoci:

“Non essendo mai apprezzato, a volte tendi a riversare all’esterno la tua modalità, il tuo modo di essere che può non essere sempre giusto.

Devo muovermi sull’essere riconosciuto, che piaccia o no.”

Come comunichi cameratismo, la percezione che generi, come limiti la tua leadership.

storie di coaching cameratismo limita leadership
Photo by Kats Weil

La scelta dell’abbigliamento, delle parole, dei modi di fare, delle battute.

Ogni volta che ti relazioni con qualcuno hai una gamma infinita di combinazioni.

Avvicinarsi alle persone non significa rinunciare alla battuta. Significa capire quale tipo di battuta è consona per quel contesto, con quella persona e quale invece va meglio negli spogliatoi post partita.

Relazionarti in modo cameratesco alimenta la percezione: “siamo tutti uguali”.

Il che è molto bello ed innegabile sul piano dei diritti della persona.

Non va bene, invece, quando quel “siamo tutti uguali” appiattisce la percezione delle competenze.

Nel suo caso specifico, è alla guida perché studia, si aggiorna, si mette in discussione. Tutto questo genera delle responsabilità; e le responsabilità, si sa, sono pesanti da sopportare.

Ho visto molti leader compensare la solitudine dell’essere colonna portante con il cameratismo.

Solo che poi, una volta che è passata la percezione “siamo tutti uguali” sulle competenze, è difficile farsi rispettare nel ruolo da cui ci si è auto esclusi.

Finisce come è successo a lui, con un dipendente che ha detto:

“Che diritto hai di darmi cosa e come devo fare?”

Recuperare la consapevolezza del tuo ruolo

  • Cosa implica il tuo ruolo nei dettagli? E quello degli altri?
  • Quali rischi comporta nei dettagli quel ruolo? E per gli altri?
  • Quali abilità richiede quel ruolo? E quello degli altri?
  • Quali attività spettano a quel ruolo? Quali attività al ruolo degli altri?

Quindi aggiusti tutta la meta comunicazione:

  • Quale tipo di abbigliamento meglio si addice?
  • Quale linguaggio è più appropriato?
  • Quali modi di fare puoi utilizzare e quali dovresti evitare?
  • Quali battute sono ammissibili nel tuo ruolo?

“Sì, ma poi sembro stronzo e snob…”

Giusta obiezione. Il tuo stile è il tuo stile ed è legittimo che tu non voglia farti tutti nemici “a pelle” solo perché desideri che venga rispettato il tuo ruolo.

E allora trova delle buone mediazioni. Per esempio:

  • Il contesto o il momento in cui far emergere una parte più socievole di te (una cena aziendale? La pausa caffè? Un meeting?)
  • L’argomento (puoi parlare di “sport”? Puoi parlare di “sesso”? Puoi parlare di “politica”? Valuta che impatto può avere quell’argomento su chi hai di fronte!)
  • modi di fare (per intenderci, un conto è la “battuta alla Bergonzoni” e un altro è la battuta in stile “bar dello sport”)

“Non posso più permettermi di cadere in quel cameratismo perché ne va della mia immagine. Vogliamo essere sempre tutti allegri (la famiglia “Mulino bianco” riprodotta in azienda).

Il clima può essere allegro e piacevole, ma non vuol dire che io vado a fare comunella.”

L’esempio che cita mi sembra perfetto per dimostrare che ha capito.

Puoi ottenere tutto ciò che vuoi se ti poni le domande appropriate.

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