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Non ho fatto niente di eccezionale

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Non ho fatto niente di eccezionale è un pensiero che attraversa la mente di tante persone. Anche la tua? Se ti può consolare questo è Murakami Haruki, dopo aver terminato la sua prima opera:

“Aveva bene o male la struttura di un romanzo, ma non era interessante e non suscitava alcuna emozione. Se questa era la reazione di chi l’aveva scritto, figuriamoci quella dei lettori! «No, è ovvio che come scrittore non ho alcun talento», pensai deluso.”

[Tratto dal libro “Il mestiere dello scrittore”, Murakami Haruki]

Non usa la perifrasi “niente di eccezionale” ma il concetto rimane. Perché sì, possiamo essere molto creativi nell’adottare giri di parole per esprimere la stessa opinione negativa su ciò che abbiamo prodotto. E qualunque sia il modo che scegliamo per esprimerci, quel giudizio che emettiamo può essere la risposta all’alto senso critico verso noi stessi o la reazione alle aspettative nei nostri stessi confronti.

Per qualcuno è stimolante, per qualcun altro è demoralizzante.

Per altri è una questione di tempo: si arrestano in attesa di nuovi input che ricordino loro l’obiettivo e rinvigoriscano la motivazione. Che, in buona sostanza, è anche quello che sarebbe accaduto alla mia coachee, se non fosse che ha capito che il fattore velocità può essere determinante e vuole limare ciò che le fa “attrito”.

A botta fresca, l’effetto era stato:

«Credo che alla fine entri in gioco la “prestazione ai massimi livelli”: in poche parole, non avendo portato a casa un risultato eccellente (vinco io) non mi sento di aver fatto nulla di eccezionale.»

«Prima che entrasse in gioco “non ho fatto nulla di eccezionale” che poi ha mortificato tutto, cosa avresti voluto fare?»

«Avrei scritto ad altri possibili interlocutori, non esiste solo lui. E poi tu mi avevi detto di bussare a mille porte per imparare ogni volta qualcosa di nuovo, no?»

«Eh… Perciò la critica “non ho fatto nulla di eccezionale”, cosa ti ha fatto fare…?»

«Non mi ha fatto agire, non ho cercato altro e mi sono limitata a incassare. Mi sentivo apatica, non avevo voglia di fare niente, ma non perché non ci credessi o mi sentissi di non avere possibilità o, peggio, che quello che faccio fa schifo. È stato più la pacata rassegnazione del “tanto lo sai che ti prendono a calci e quello che fai è impossibile da vendere”. Insomma, mi sono un po’ crogiolata nel dramma di Calimero.»

Lei aveva fatto qualcosa di davvero eccezionale.

Era stata in grado di mettere alla prova chi le aveva fatto una proposta di collaborazione, per verificare quanto fosse sincera e quanto, invece, fosse più orientata a un tornaconto personale che avrebbe avvantaggiato lui ma svantaggiato lei. E ci era anche riuscita con stile, come piace tanto a me: senza che l’altro neppure s’accorga che hai capito il suo secondo fine. L’aveva disarmato con grazia ed eleganza.

«Sappi che l’ho fatto in modo inconsapevole, coach…»

«E io sono qui a fartelo notare così ti rendi conto di quanto sei capace… È importante essere consapevoli di ciò che si fa bene, mica solo degli errori… No?»

«Che fatica vedere questi piccoli successi…»

«Hai ragione. Serve abilità anche in questo.»

Sì. Perché dentro al flusso dei tuoi pensieri su di te, è frequente non saper dare il giusto valore a ciò che hai fatto e riconoscerti il merito. Puoi esserne capace quando il risultato è inequivocabile (vinco/perdo), ma è molto più arduo quando si tratta di “risultati intermedi”, quelli relativi alle azioni che metti in atto nel corso di una strategia. Che poi, a ben vedere, sono anche gli stessi che ti fanno accelerare o rallentare, impegnarti di più o rinunciare. Non è poca cosa, insomma, saperli riconoscere, valorizzare, trasformare in leva motivazionale.

Il vero messaggio nascosto dietro quel “niente di eccezionale”

Gira che ti frulla, scambio di battute dopo scambio di battute, arriva a capire:

«Devo tenere presente che il settore è tosto!»

Esatto. “Non ho fatto niente di eccezionale” è una verità parziale. Con il suo interlocutore ha fatto una gran cosa. Solo che non sarà sufficiente per il traguardo a cui ambisce.

Quello che deve fare è conservare sia la consapevolezza di ciò che comunque ha fatto (svelare le reali intenzioni di uno dei suoi possibili alleati) sia continuare la ricerca.

Anzi, è proprio il saper riconoscere quanto è stata capace a darle fiducia nella sua capacità di saper scegliere chi saprà supportarla fino al traguardo.

«Molto bene! E adesso mettiamo insieme l’obiettivo originale e questo messaggio così importante che portava con sé il tuo “non ho fatto niente di eccezionale”… Come puoi bussare a mille porte e tenere presente che il settore è tosto?»

«Posso lavorare su più fronti: contattare agenti, piccoli imprenditori, riviste specializzate, partecipare a concorsi. In questo modo diversifico l’offerta (ops!) e sondo vari terreni per cercare quello più adatto su cui muovermi!»

«E cosa faresti adesso?»

«Adesso controllerei quale materiale ho pronto da sottoporre e poi cercherei contatti che possano essere interessanti.»

Vai, Stella! Agisci! Abbiamo preso un pensiero che ti aveva fermato e l’abbiamo trasformato in una leva a impegnarti meglio: abbiamo tanto da fare e tanto successo da raccogliere!

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