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Dare visibilità al merito è un compito di tutti

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Mi reputo una persona capace di riconoscere i meriti delle persone e, soprattutto, capace anche di quello sforzo in più che consiste nel dare visibilità al merito.

Non ci sono nata così, per carità. Sono diventata così, perché l’ho voluto.

Credo che una spinta enorme a questo mio cambiamento sia nata da tutte quelle persone che mi riconoscono del talento, ma lo fanno sempre con complimenti in forma privata, perché in pubblico:

“Oddio chissà cosa pensa la gente se ricondivido uno dei tuoi post…”

Eh. Può pensare che hai dei momenti di fragilità o di paura (chi non ne ha?) oppure che hai degli obiettivi (ma meno male!) o hai delle ambizioni (non ti vergogni?) o che hai delle convinzioni che ti impediscono di dare il meglio di te e vuoi superarle (dovrebbero farti un applauso e stimarti per questo!). Appartieni all’umanità, insomma, esattamente come le persone di cui temi il giudizio.

Intendiamoci: non sto recriminando nulla, almeno non per me stessa.

Ringrazio quelle persone perché in qualche modo mi stanno obbligando a migliorarmi.

Ai miei coachee dico che bisogna sempre andare oltre alle apparenze delle critiche per capire cosa possiamo trattenere e quello che possiamo trattenere è sempre un insegnamento, un invito a migliorare qualcosa.

Lo dico a loro perché lo faccio prima di tutto con me stessa.

Come? In questo modo: in buona sostanza, se voglio condividere un contenuto e mi autocritico con il pensiero “chissà cosa penseranno le persone che mi seguono…”, mi chiedo:

“Cosa sto cercando di far notare a me stessa? Cosa sto sottovalutando?”

La risposta è quasi sempre che:

  • Ho un’immagine professionale da tutelare
  • Ci sono persone che potrebbero non capire o fraintendere.

Il risultato di questo lavoro su di me è che condivido comunque ciò che penso meriti visibilità e cerco di farlo in un modo che mi tuteli e che aiuti anche gli altri ad apprezzare. Devo dire che funziona egregiamente questo sistema: io appago il mio bisogno di dare visibilità al merito, chi mi legge (se ha tempo e voglia) apprezza e mi riconosce che offro contenuti e stimoli interessanti.

Qualche giorno fa parlavo con un amico che era molto soddisfatto del suo prodotto e, come spesso accade, gli apprezzamenti erano invece piuttosto tiepidi.

Gli ho detto che le persone hanno troppo rumore dentro (invidia, gelosia, paturnie, …) per poter ascoltare davvero quello che viene da fuori. E quando riescono a zittirlo, si scontrano di nuovo con quello stesso rumore, che impedisce loro di propagare quel suono.

La sera stessa ho incrociato queste righe:

“Le regole che decretiamo vanificano la possibilità di ottenere buoni risultati. Scartiamo anzitempo le persone considerandole incapaci. Proviamo un eccesso di timore reverenziale per chi ha successo, e liquidiamo troppo in fretta chi non ne ha. E, soprattutto, diventiamo troppo passivi. Non riconosciamo il ruolo importante che tutti noi potremmo avere – e quando dico “noi” intendo la società – per stabilire chi può farcela e chi non può. […] perché siamo succubi dell’idea che il successo sia semplicemente una funzione del merito individuale e che il mondo in cui cresciamo, e le regole che scegliamo di dettare come società, non abbiano alcuna rilevanza.”

[Tratto dal libro “Fuoriclasse”, Malcolm Gladwell]

Risultato: ho cominciato a interrogarmi su una domanda che non mi ero mai posta prima:

Cosa accadrebbe se tutti si comportassero come “cerco” di fare io, facendo il possibile per dare visibilità al merito?

(“Cerco” perché siamo tutti migliorabili, eh! Anche io posso fare meglio di così!)

Come ha detto Sonia Sabbatini qualche giorno fa:

“Sono una goccia in un oceano ma quella goccia può fare la differenza”.

Cosa accadrebbe se tutti, ogni volta che vediamo qualcosa di bello e/o intelligente e/o provocatorio e/o stimolante fossimo meno “passivi” e lottassimo un po’ con noi stessi per fare quel passettino in più?

Certo può esserci discordanza di opinioni su cosa sia il “merito” e su cosa “meriti visibilità” . In qualche caso si riesce a stabilire dei criteri inequivocabili (per esempio nelle gare sportive), in molti casi invece entra in gioco il senso estetico o la propria capacità di valutazione.

Ma non è questo il punto. Ciò su cui vorrei porre l’attenzione sono tutti quei casi in cui io (soggetto) vengo colpito da qualcosa, mi dico “caspita!” o “che bel lavoro!” o “quant’impegno”… ma poi non vado oltre. Non faccio in modo che anche altre persone vengano a conoscenza di ciò che mi ha colpito e possano entusiasmarsi nello stesso modo o magari criticare in maniera costruttiva, perché no?

Le regole per dare visibilità al merito

Ci sono gabbie mentali che ci fanno dimenticare il ruolo che potremmo avere nella società se solo non fossimo così trattenuti.

Insomma, se diventano famosi certi libri, certe canzoni, certi personaggi è perché a qualcuno sono piaciuti, certo, ma anche perché tutta l’altra parte della popolazione è così presa a farsi pippe mentali da non esprimere, non dare valore, non far girare ciò che merita davvero salvo poi lamentarsi della qualità scadente dei contenuti che raggiungono la notorietà.

“Troppo passivi” (dice Malcom Gladwell) e “troppo comodi” (aggiungo io) nelle proprie gabbie mentali.

Anche queste sono regole, vero, e sono regole che migliorano questa società e accrescono le opportunità di chiunque.

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