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Rendermene conto è il grande passo del mio viaggio

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“Mi ha detto che ho delle “capacità della Madonna” ma che mi manca solo l’ultimo passo ossia “rendermene conto”…”

Mi fa piacere che sia stato qualcun altro a pronunciare queste parole, qualcuno che stimi e che consideri a un livello superiore al tuo. Così cominci a mettere in discussione quello che (credi di sapere) gli altri pensano di te.

Quando sono io a farti i complimenti, pensi spesso che lo dica come incoraggiamento.  La verità è che io non mi esprimo così “tanto per”. Ciò che esterno è perché lo sento, altrimenti taccio. E, in ogni caso, se il mio fine è sostenerti, un modo lo trovo comunque, sempre nel solco della sincerità.

Ma non si stava parlando di me, si stava parlando del fatto che sei diventato abile su tanti fronti, tranne su quello del “rendermene conto”.

Questa tua difficoltà mi ha fatto ripescare il racconto “L’elefante e la corda” di Paulo Coelho.

“Ecco la procedura adottata dai domatori del circo per far sì che gli elefanti non si ribellino mai. Ed ho il sospetto che questo valga anche per tanta gente. Ancora cucciolo, l’elefantino è legato con una corda molto spessa a un palo saldamente conficcato nel terreno. Egli cerca di liberarsi più volte, ma non ha la forza sufficiente per riuscirci. Dopo un anno, il palo e la corda sono ancora abbastanza forti per tenere prigioniero l’elefantino; lui continua a tentare di liberarsi, ma senza riuscirci. A questo punto l’animale inizia a comprendere che la corda sarà sempre più forte di lui e smette di tentare. Quando raggiunge l’età adulta si ricorda che, per molto tempo, ha sprecato tanta energia nel vano tentativo di liberarsi. A questo punto il domatore potrebbe anche legarlo con un filo sottile ad un manico di scopa, tanto l’elefante non cercherebbe più di liberarsi.”

“Rendermene conto” è un’abilità

È così per tutti, ci sono passata anche io. Arriva un momento in cui le persone attorno ti urlano:

“Spezza la corda! Ce la fai!”

E tu ancora non ti capaciti di potercela fare. Il ricordo di quei momenti in cui ci provavi e non ci riuscivi è attualizzato.

Non conta quanti siano lì a urlare, e neppure quanto forte possano farlo. Quando va bene, conta una voce o uno sguardo perché appartengono a una persona particolarmente importante per te. Ed è la stessa che può farti smettere di pensare che gli altri non siano sinceri, che stiano cercando di illuderti, che lo facciano per rassicurarti… è incredibile la gamma di risposte che puoi darti pur di non credere a quello che stanno cercando di farti capire.

Ricordi i discorsi sull’angolo cieco?

Quella persona, con quelle parole, sta cercando di dirti: è tempo di apprendere l’abilità che ti consente di vedere anche il tuo angolo cieco.

Non temere. Non si sta sbagliando e non mi sto sbagliando io.

Noi, da esterni, abbiamo il vantaggio di vedere qualcosa che tu, da dentro, fatichi a notare. Tutto qui. E comunque, anche ammesso che ci stiamo sbagliando noi, c’è sempre la profezia che si auto adempie, no? 

È un problema di percezione

Sei diventato l’elefante che (se volesse) potrebbe schiacciare il domatore. Invece temi ancora la corda.

Solo che un elefante che non è consapevole della sua grandezza, è uno spreco enorme. Non avevi iniziato il percorso di coaching con me proprio perché eri e sei contrario allo spreco delle tue risorse? Hai per caso cambiato idea e non mi hai informata?

Tutto questo è paradossale perché è una vita che lavori per migliorarti, mica hai iniziato ieri!

Permettimi di raccontarti un aneddoto personale.

Uno dei miei nonni aveva fatto la prima guerra mondiale. La guerra di trincea, quella in cui passavi mesi al freddo e senza mangiare. Per nutrirsi si era ridotto a rubare le carrube ai cavalli. Si sentiva in colpa, perché adorava i cavalli, ma era questione di vita o di morte. Ebbe la fortuna di riuscire a tornare vivo e quando lo prendevano in giro perché aveva cambiato approccio al benessere rispondeva:

“Chi ha le comodità e non le usa, fa peccato due volte”

Cosa c’entra?

C’entra. Le tue comodità in questo momento sono le capacità che hai affinato negli anni e non stai usando per spezzare la corda perché continui a sentirti come quell’elefantino che ci provava e non ci riusciva.

Manca solo il rendermene conto

Non essere consapevole dell’elefante che sei diventato è molto più grave di tutto ciò che ti senti mancare!

Abbi il coraggio di chiudere la relazione con la tua vecchia aspettativa su di te!

Non ti merita, suvvia!

Da parte mia, è giunto il momento di fermarmi, devo “rendermene conto” pure io.

Smetterò di incitarti e farò tacere la folla che ti guarda.

In tutto quel silenzio dovrai per forza smettere di ribattere con le solite risposte che hai coltivato negli anni.

Ma non me ne andrò via e neppure il pubblico.

Starò lì a fissarti, mentre rivolgi gli occhi a te, come se fosse la prima volta che ti guardi. Le zampe, gli arti inferiori, il torace, gli arti superiori. Allora comincerai a prenderti le misure, quelle “reali”, non quelle “percepite”.

A quel punto a me scapperà un sorriso, a te un barrito, mentre spezzi quella corda e vai a prenderti quella fetta di mondo che desideri.

Ci sono progetti che esigono la tua partecipazione e la tua capacità di movimento deve essere massima.

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