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Quando il cliente si pente della decisione

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“Io concordo con quanto tu mi scrivi, che dagli errori c’è solo da imparare, apprendere ed evolversi, ma nel caso particolare uno di tanti altri io mi chiedo dove sta l’errore quando tu lavori, mi riferisco ad un progetto di architettura e il cliente si pente? Se va bene e sei fortunato ti pagano il progetto ma la delusione più grande è non vedere realizzato quel progetto su cui hai investito tanto.

Mi chiedo dove sta l’errore, cosa c’è da imparare?

Io provo a risollevarmi facendomi forza e sperando che la prossima volta vada meglio.”

L’errore, questo grandissimo insegnante. Solo che a volte può essere difficile capire dov’è, può essere arduo comprendere cosa è stato sbagliato nel processo che ha condotto al risultato che non era quello atteso.

Io ringrazio tanto la persona che mi ha mandato questo messaggio perché in effetti mi permette di parlare di un argomento che tratto raramente.

A mio avviso, il modo migliore per rispondere al quesito che mi è stato posto è:

Cliente si pente della decisione
Photo by Alejandro Escamilla

Mettersi nei panni del cliente che si pente

Pensa all’ultima volta che hai comprato qualcosa e ti sei pentita/o.

Fatto?

A me vengono in mente queste possibili diverse situazioni:

  • Mi sono fatta condizionare nella scelta dall’entusiasmo del venditore. Hai presente quei momenti in cui hai di fronte qualcuno che ti sta presentando qualcosa di cui è follemente innamorato? Segui la scia dell’eccitazione e aderisci/compri. Anche perché, è noto, non si vendono prodotti/servizi ma si vendono emozioni. Tutto bene finché hai “vicino” chi ti ha entusiasmato. Ma quando ti ritrovi fra te e te, la carica finisce perché la spinta non era davvero tua, ma dell’altra persona. In sostanza, il cliente si pente perché l’incantesimo è svanito, guarda il prodotto o l’accordo e scopre che non lo voleva.
  • Io per prima, non avevo in mente cosa volevo. Oh, capita. Comprare/impegnarsi in uno stato di confusione/ indecisione è il presupposto per la delusione e/o il ripensamento.
  • Lì per lì, mi è sembrata un’ottima decisione. Poi, in un secondo momento, qualcuno mi ha fatto riflettere su altri aspetti. Familiari, amici, consulenti… Siamo circondati di persone pronte a darci un loro parere sulle nostre scelte (a volte richiesto, altre volte no). Qualcuno di quelli che riceviamo non cambia la nostra opinione, ma qualcun altro, sì. Dipende da chi ce lo dà, dipende da ciò che avevamo sottovalutato/ignorato, dipende da cosa temiamo possa accadere se non la teniamo in considerazione. In questo caso il cliente si pente perché è sotto l’influsso di chi ha una leadership nei suoi confronti.

Ora richiama alla mente il tuo ripensamento. A quale di queste casistiche potresti ricondurlo?

Adesso che hai vissuto l’esperienza dall’altro lato della barricata torniamo alla tua mail e al tuo cliente, architetto.

Cerchiamo di trovare quel benedetto errore.

Distinguiamo due fasi e le abilità necessarie a livello di comunicazione.

Fase 1: il primo incontro in assoluto, quando il cliente ti ha illustrato le sue esigenze.

Questa fase avrebbe richiesto:

  • Zero dialogo interiore. Cosa significa? Che non puoi sentirti in soggezione e nemmeno essere presuntuoso/a; non puoi avere dubbi sulle tue capacità (in senso lato, non solo quelle legate strettamente al tuo mestiere); nessun pensiero deve disturbarti nel modo più assoluto perché mentre segui i tuoi pensieri, non ascolti l’altro.
  • La capacità di “trattenersi dall’interpretare”. Es. Se ti dice che vuole il soggiorno “luminoso”, non pensare a cosa intendi tu per “luminoso”. Quello che intendi tu e quello che intende l’altro, pur utilizzando la stessa parola, possono essere lontani anni luce. Però, se non approfondisci, annuirete entrambi sul termine “luminoso” pensando di esservi capiti. Chiarisci: “ha usato la parola “luminoso”. Cosa intende, esattamente?”.
  • La capacità di calibrazione. Sei un’architetto perciò sai cos’è un calibro. Con le persone è un po’ la stessa cosa: si tratta di prendere un po’ le misure rispetto alle emozioni di chi hai di fronte (quelle che sta vivendo, quelle che vorrebbe vivere, quelle da cui scappa), rispetto al modo in cui prende decisioni, rispetto ai bisogni che deve soddisfare. È una capacità dal potenziale immenso, che richiede (assolutamente!) che siano soddisfatti i due punti precedenti. Si può apprendere se non la conosci; di certo bisogna allenarla tutti i giorni con chiunque.

Se hai fatto tutto questo, al momento della presentazione non dovrebbero esserci problemi. In caso contrario, potresti dover rifare il progetto tante volte (tempo perso, frustrazione, fatica, insoddisfazione). Quando il cliente si pente, è tutto molto più costoso e più impegnativo.

Fase 2: il giorno in cui vi siete rivisti con la tua proposta e lui/lei ha accettato.

In questa fase ti sarebbe servito:

  • Zero dialogo interiore. Di nuovo, coach? Sì, di nuovo. Forse anche di più. Questo è il momento in cui potresti aver paura che non accetti il progetto, che ti faccia obiezioni sul prezzo, che il fallimento dell’incontro possa impedirti di onorare gli impegni finanziari che hai già, … Sono tutte interferenze che intralciano l’osservazione di chi hai di fronte, del suo stato emotivo, di cosa pensa davvero della tua proposta.
  • La capacità di “trattenersi dall’interpretare”. Di nuovo coach? Eh, per forza! Ogni volta che “leggi nel pensiero dell’altro” aumenti le probabilità di confondere il tuo pensiero con il suo. Sciaguraaaaaa!
  • La capacità di calibrazione. (Aridaje coach!) Ma certamente! Ricordi le casistiche sopra, quando ti immaginavi dalla parte del cliente?
    • Se lui/lei ha dei dubbi e tu, con il tuo entusiasmo “forzi”, non avrà la forza per reggere i tempi di realizzazione o le difficoltà sul cammino: ti mollerà strada facendo;
    • Se lui/lei ha delle insicurezze su cosa vuole e tu calchi la mano, ti dirà “sì” sul momento salvo ripensarci dopo;
    • Oppure, se lui/lei si lascia condizionare nelle decisioni, ti dirà “sì” ma cambierà idea quando parlerà con la moglie o il marito.

Hai capito dov’è l’errore quando il cliente si pente?

Magari non è nemmeno uno solo. Può essercene stato uno nella prima fase e uno nella seconda.

Ricorda che ogni risultato è frutto di un processo, in cui ogni momento può essere determinante in una direzione o nell’altra.

Sono d’accordo sul farti forza, ma prima individua l’errore, fai feedback, impara quello che ti serve. Altrimenti, come ti ho detto, il rischio è di ripeterlo. Non sia mai!

Si impara dagli errori, ma facciamone di nuovi, suvvia!

Ah! Un’altra cosa. In tutto questo “ascolto dell’altro” qualcuno può pensare che venga ridimensionata la propria creatività (come se questo significasse: “devo eseguire solo quello che mi viene chiesto…”).

No, assolutamente. È proprio dopo aver compreso appieno l’altro che puoi liberare il tuo estro e il tuo gusto stilistico, lasciando senza parole chi hai di fronte per come hai tradotto perfettamente le sue esigenze!

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