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La paura di brillare e di avere successo

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Si può aver paura di brillare? Si può temere di avere successo?

«A ben vedere, pare che la “cosa” più immutabile di tutte sia tu, non le situazioni in cui ti ritrovi…»

Una mappa mentale sul pc mi mostra tutti i progressi che ha fatto negli ultimi tempi, ma l’immagine che mi rimanda Skype è quella di una persona che non riesce ad immaginare un futuro sereno, felice e appagante. Paradossalmente, proprio quando cominciava a raccogliere risultati positivi, si è bloccata.

«Sai… Questa mattina ero in sessione con un’altra coachee e le ricordavo che Thomas Edison ha dovuto fare 10.000 tentativi prima di riuscire ad accendere la prima lampadina…

E, personalmente, quando ci penso, mi chiedo se riuscirei mai ad arrivare a così tanto…

Boh, forse a 1.000, 2.000, … Ma 10.000 sono veramente un’enormità…

Ed è solo la convinzione di potercela fare, magari cambiando strategia, magari cambiando materiali e metodi, ma insomma…

Lui se l’immaginava accesa quella lampadina in futuro…

Tu? Ti vedi brillare? Ti vedi accesa?»

«No»

“No”, ed è evidente che sa anche perché.

A volte si ha paura di brillare
Photo by Jonathan Borba on Unsplash

«Io non piaccio accesa. Non piaccio quando sto bene. Se sto bene, sono circondata di persone che mi fanno sentire in colpa…»

Cambiare le persone che ha intorno non è la soluzione. Almeno finché non avrà il coraggio di essere libera.

Adesso sarebbe una banale fuga, esattamente come lo è rinunciare a se stessa.

«Non sempre abbiamo vicino persone abbastanza mature da saper gioire dei nostri successi e della nostra felicità… In qualche modo, il nostro star bene, il nostro brillare, li mette di fronte a uno specchio…»

Finalmente distoglie lo sguardo da se stessa e mi fissa.

La sua paura di brillare mi ricorda questo brano tratto da “La moda”, di Georg Simmel:

“Ogni senso di vergogna si basa sul porsi in rilievo del singolo. Nasce quando avviene un’accentuazione dell’Io, quando la coscienza di una cerchia sociale si appunta su questa personalità, che contemporaneamente viene sentita in certa misura come sconveniente; perciò personalità modeste e deboli sono fortemente inclini a sentimenti di vergogna. Se si trovano al centro dell’attenzione e ne provocano l’improvviso acuirsi, si instaura in loro una penosa oscillazione fra l’accentuarsi e il ritrarsi del senso dell’Io. […] Poiché, del resto, quel distinguersi da una collettività come origine del senso di vergogna è completamente indipendente dal contenuto sulla cui base avviene, spesso ci si vergogna dei propri sentimenti migliori e più nobili. Se in “società”, nel senso più stretto del termine, la banalità corrisponde alle buone maniere, ciò non è soltanto conseguenza di un reciproco riguardo che fa apparire privo di tatto chi si distingue con un’espressione individuale, unica, che non tutti possono copiare, ma avviene anche per il timore di quel senso di vergogna, di quella punizione che l’individuo si autoinfligge per essersi distinto dalle azioni e dal tono eguale per tutti e a tutti egualmente accessibile.”

[tratto da “La moda” di Georg Simmel]

E sì, siamo in questa situazione. I materiali che manterranno la lampadina accesa non sono ancora rodati al punto giusto, abbiamo un ambiente difficile che rende arduo raggiungere qualsiasi progresso, ci sono persone che remano contro…

«…E ci sei anche tu che spegni volutamente l’interruttore che ti tiene accesa, prima che gli altri si accorgano della luce che fai…»

Sorride mentre le mimo il gesto dello spegnimento. È ora di finirla con questa storia!

Adesso superiamo la paura di brillare!

«Ma, se gli altri ti vogliono “spenta”, che fai?

Ti adegui al loro volere?

Il loro pensiero è forse più giusto del tuo?

Il loro modo di vivere è più giusto del tuo?

Cosa li autorizza a dirti cosa è giusto e cosa è sbagliato che tu faccia?»

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