«Ora dedichiamoci al piano d’azione che hai in mente per realizzare il tuo obiettivo. Quali sono i suoi punti di forza? Quali sono i punti deboli?»
«Punti deboli? Perché devo pensare ai punti deboli? È demotivante!»
So com’è giunto a questa conclusione!
L’entusiasmo per l’obiettivo che stavamo definendo, l’immaginazione che corre al momento in cui raccoglierà i frutti del duro lavoro, la visualizzazione dei passi necessari, la certezza di potercela fare in base ai punti di forza su cui pensava di costruire la strategia.
Eppure questa è la prima fragilità di tutta la strategia: affezionarsi troppo a ciò che rassicura e non dedicare il tempo necessario a studiare ciò che potrebbe farla crollare.
È compito di ogni buon coach stimolare l’utilizzo di prospettive non abituali.
Cercare i punti deboli della propria strategia è demotivante?
Riesci a immaginare i grandi giocatori di scacchi che si avviliscono mentre ci pensano? Io no: so che hanno piena consapevolezza dei vantaggi che porterà l’operazione.
Riesci a pensare a un giocatore alle prime armi che si demotiva all’idea dei punti deboli? Io sì: gli sorge un dubbio e prontamente lo accantona per non dimostrare insicurezza. Guarda caso, è esattamente quello che stava facendo il mio coachee.
E poi? Che cos’è successo?
Beh, messa da parte la presunzione di infallibilità del suo piano e accettata l’idea di guardare l’abisso delle fragilità nascoste, proprio uno dei punti deboli ha stimolato un’idea creativa che ha fatto la differenza.