I pregiudizi condizionano le nostre decisioni e le nostre azioni. Lo sappiamo tutti. Eppure la parte difficile è proprio riconoscerli e rendersi conto del modo in cui ci limitano.
Pregiudizio: 1. giudizio, opinione errata che dipende da scarsa conoscenza dei fatti o da accettazione non critica di convinzioni correnti: avere dei pregiudizi nei confronti di qualcuno; essere pieno di pregiudizi; giudicare senza pregiudizi; pregiudizi morali, sociali | credenza superstiziosa: è un pregiudizio che i gatti neri portino sfortuna […]
Etimologia: ← dal lat. praeiudicĭu(m), comp. di prāe- ‘pre-’ e iudicĭum ‘giudizio’; propr. ‘giudizio anticipato’.
[Tratto da Garzanti Linguistica]
Una definizione che non sarebbe necessaria.
Eppure sempre utile da ricordare. Perché molto spesso si parte proprio con questi presupposti, prima ancora di conoscere una persona o una situazione.
In casi estremi è proprio ciò che crea un ostacolo da superare: cioè l’idea che ci siamo fatti, senza averne delle prove concrete, magari solo immaginando.
“Io credo che abbia un pregiudizio su di me, è questo che mi fa temere. Perché se tu parti in un’avventura con un pregiudizio, questa è destinata a fallire…”
Come dargli torto? Non è possibile! Eppure ho captato altri indizi fra le sue parole, prima di giungere a questo punto della conversazione.
Riguarda un suo pregiudizio sul carattere dell’altra persona.
E il mio compito, come coach, è quello di aiutarlo a riconoscerlo per capire in che modo condiziona il suo rendimento e le valutazioni che riceve.
“Sì, certo. Solo che anche tu ne hai uno. Che assomiglia a qualcosa tipo: “non cambierà mai idea su di me” oppure “ce l’ha con me“, …”
È sempre più facile vedere i pregiudizi degli altri, rispetto ai propri.
Spesso agiscono senza che ne abbiamo davvero consapevolezza. Ognuno se ne sta sulla propria barricata a osservare quelli dell’altro di fronte a sé, ignorando i propri. Ma se ne vedono i risultati dalla qualità della relazione.
Naturalmente questo spiega perché riceviamo certe risposte solo da alcune persone e non da altre. Oppure perché qualcuno ci rimprovera qualcosa che qualcun altro, invece, non ha nemmeno mai notato.
In questo caso specifico, quel pregiudizio sull’altra persona è una convinzione che impedisce di mettere in campo le proprie capacità. Come se fosse inutile farlo.
“Sì, ma come fai a distinguere? Se mi critica a ogni azione o quasi… Dopo comincio a rimuginare… E allora le cose non vanno bene, non mi ritiene bravo, e questo alimenta insicurezza…”
“Tu fai qualcosa → Lui ha dei preconcetti su di te → Lui ti critica → Tu pensi “ce l’ha con me” → Tu ti blocchi → Lui riceve conferma del suo pregiudizio.
E la volta successiva si ricomincia daccapo. Ti ricordi com’era andata, ciò che fai è condizionato dal precedente, via via, fino a concludere sempre nello stesso modo: la conferma dei reciproci pregiudizi.”
Sembra un cane che si morde la coda e in effetti è così.
Almeno finché uno dei due decide di intervenire sul proprio, per superarlo. E questo cambiamento altera il flusso dell’interazione.
La domanda è: perché proprio io devo cambiare i pregiudizi?
Intanto perché sei tu che vuoi dimostrare quanto vali davvero, a dispetto dell’idea che l’altro si è fatto sul tuo conto.
Poi perché su di te puoi intervenire, mentre se aspetti che sia l’altro a cambiare carattere… (Ci siamo capiti!)
E poi sai benissimo che, in fondo, concentrarsi sui pregiudizi dell’altro è un po’ scaricare la responsabilità e smettere di cercare una soluzione. Non è da te, suvvia.
A proposito, sai com’è andata a finire?
Quella persona che “non cambierà mai idea su di me” e “ce l’ha con me”, è passata da minacciarlo di licenziamento a promuoverlo a suo vice.
Ti rendi conto di quant’è importante lavorare sui tuoi pregiudizi per cambiare il tuo rendimento, sentirti più a tuo agio, ricevere gratificazioni e riconoscimenti del tuo merito?