Esistono anche i “finti obiettivi”. La scorsa settimana, per esempio, sono stata contattata da una persona che aveva uno scopo in mente e desiderava il mio aiuto per realizzarlo ma l’esito dell’incontro non è andato come aveva pensato.
Come sai, il primo colloquio con me è gratuito.
Perché?
Perché credo che sia giusto dare a tutti la possibilità di conoscermi e capire come funziona il coaching. Si tratta di un rapporto di estrema fiducia, in cui ti affidi ad una persona per farti aiutare a realizzare qualcosa che ti sta molto a cuore. Meglio conoscere il professionista, fare domande, capire se c’è feeling e se sa metterti a tuo agio.
Molti imparano a conoscermi in altri modi. Per esempio seguendomi sui vari social network. Ma è chiaro che un colloquio diretto con me è più efficace e utile.
D’altra parte, quel primo incontro conoscitivo serve anche a me. Per cosa?
- Per valutare se l’obiettivo che mi viene presentato è davvero ciò che desidera quella persona (o non sia piuttosto frutto di una inconsapevole forzatura dall’esterno)
- Per pesare la volontà del “candidato” coachee di impegnarsi a realizzarlo.
Perché?
Per diverse ragioni.
- Perché avere un coach è un investimento. La mia mentalità è orientata ai risultati (non alle perdite di tempo, né di denaro. Per intenderci, se l’obiettivo non è tuo o non sei davvero pronto/a, servirebbero moltissimi incontri e non porterebbero da nessuna parte…).
- Perché non ritengo etico appoggiare un “finto obiettivo”. A me interessa ciò che desidera l’individuo e ciò che lo rende felice. Non ciò che rende felice qualcun altro vicino a lui/lei.
- Perché io vinco se tu vinci. Se alla fine del tuo percorso sarai soddisfatto del tuo risultato, allora mi consiglierai ad altre persone. Questo è un circolo virtuoso che può solo portare il benessere a tutti i soggetti coinvolti. Invece, se avremo lavorato su un “finto obiettivo”, non ti sentirai realizzato/a e questo si ripercuoterà (indirettamente) anche su di me.
Ma torniamo al motivo da cui è partito questo post.
Cosa intendo con l’espressione “finti obiettivi”.
Per esempio, tutto quello che si pensa di dover fare perché è la cultura della società stessa (o la famiglia) che ci dice che è giusto. Quanti si sentono ripetere in continuazione che dovrebbero sposarsi? Quanti fanno figli perché “è ora”? Chi stabilisce le regole?
C’è anche chi insegue i sogni dei propri genitori. Solo per fare degli esempi, chi prosegue la loro carriera per farli contenti… Oppure gli atleti “forzati”.
E c’è chi desidera cambiare per piacere a qualcun altro.
Ma in tutti questi casi, non si sta vivendo la propria vita, ma quella che vorrebbe qualcun altro.
Ecco perché è importante il primo colloquio con me. Molto spesso, anche se non dà inizio ad un percorso di coaching, serve a “buttare giù una finzione”. Serve a diventare consapevoli.
Naturalmente, una volta che si è scoperto che si correva dietro dei finti obiettivi, ci si ritrova spiazzati perché non si ha più una meta. Ma anche questo può essere un obiettivo: scoprire che cosa si desidera davvero.